L’idea di viaggio è da sempre associata a molteplici significati, da quello del semplice spostamento fisico, in luoghi lontani e ignoti, a quello spirituale, espressi nel desiderio e nell’ansia dell’ascendere nelle dimensioni misteriose, imperscrutabili e invisibili dello spirito. Costante è la ricerca di se in diversi e articolati percorsi. Nessun’altra esperienza umana, del resto, è più frequente del viaggio. Si tratta forse dell’azione compiuta più spesso dall’uomo. Vivere è viaggiare. Viaggiare è vivere. E’ la mistica del viaggio che prende il cuore dell’uomo. Oltre l’orizzonte, oltre il tempo, oltre la morte, oltre la storia. Un itinerario senza fine che si snoda nel cosmo e nelle sue varie dimensioni. Geometrie verticali e variabili tracciate nel profondo della coscienza. Il linguaggio dell’immaginazione, che si snoda sul cammino concreto del tempo e dello spazio, è perfettamente conoscibile. La conoscenza a cui abbiamo diritto non è limitata alla nostra ragione e non ci corre dietro, ma ci attende. Se andiamo a cercarla ci accoglie. Si tratta di un’iconografia di purificazione e di rinascita. Dalla notte al giorno, dalle tenebre alla luce, secondo l’irripetibile intuizione dantesca. Un’intuizione che è propria anche di Ibn Arabi, mistico e filosofo arabo-andaluso del XIII secolo. Il Corano, secondo il pensatore arabo, non lascia dimenticare all’uomo la sua condizione itinerante, quindi di viaggiatore, che si esprime compiutamente e in modo rituale attraverso il viaggio alla Mecca. Innumerevoli sono nell’opera di Ibn Arabi i termini adottati per significare il viaggio. “Cammino”, “via”, cioè “charia”, “l’Itinerarium mentis in Deum” di Sant’Anselmo d’Aosta, il sentiero dell’anima immaginato da Dante Alighieri, secondo il mistero dell’ascesa verso il Cielo, percorso accidentato del viandante evangelico verso la salvezza. Ibn Arabi fa del viaggio il centro della fede, alla cui ricerca, come dice il Profeta Maometto, si va “fino in Cina”. Del resto sia Ibn Arabi che i mistici cristiani sottolineano come Dio stesso viaggia, nel tragitto che lo divide dal Suo Trono e che pseudo-Dionigi definisce la “divina calligo”. Il rapporto originale tra “Il viaggio notturno del Profeta Maometto”, noto in Occidente come “Liber Scalae”, e la “Divina Commedia” del Sommo Poeta ha aperto, in proposito, un dibattito inesauribile, facendo scorrere fiumi di eloquenza e di inchiostro. La questione delle fonti arabo-islamiche della Commedia dantesca è sempre di più, infatti, un tema di avanzata esplorazione. Il viaggio come proiezione del progresso futuro, attraverso la mistica del movimento, costituisce, da ultimo, la speranza inarrestabile coltivata dal pensiero futurista, la cui eredità resta incancellabile nella coscienza contemporanea.
Casalino Pierluigi. 4.01.2010.