Estinzione degli sciocchi e figli forti, attraenti. Ecco il transumanismo
L’ingegneria genetica nuovo Eden Usa. Una lobby forte, edonista, sicura di sé, all’attacco dell’embrione
Roma. Il pioniere della medicina americana, Michael DeBakey, una volta disse: “Ho visto un Eden dove l’uomo, immortale e sempre giovane, volava sulle ali degli angeli. Ho trovato la chiave di quel giardino, l’ingegneria genetica”. La vita “inizia con la consapevolezza”, l’embrione è una “palla di cellule”, le staminali embrionali “l’unico futuro della ricerca” e la diagnosi preimpianto una “speranza per malattie mortali”. Non è Giovanni Sartori nè Umberto Veronesi. Si chiamano transumanisti. Sparsi in novantotto paesi, hanno rappresentanti ai più alti livelli dell’accademismo anglosassone. Il fondatore del movimento, Nick Bostrom, è un famoso ricercatore dell’Università di Yale che profetizza l’avvento di una “generazione di centocinquantenni”; uno dei pionieri del transumanismo, James Hughes, insegna al Trinity College, e Gregory Stock, autore del fortunato “Redesigning Humans”, è un decano della facoltà di medicina della Ucla. Quest’ultimo vorrebbe fare agli uomini quello che il suo predecessore, Roy Walford, negli anni Settanta fece con il topo: allungargli la vita da 40 a 56 settimane. Da quando nel 1998 Bostrum fondò la World Transhumanist Association, la loro popolarità è cresciuta enormemente. Il transumanista Max More, fondatore dell’Extropy Institute, sulla Cnn ha spiegato i vantaggi dell’ingegneria genetica e ha detto che “la morte è un’imposizione sulla razza non più tollerabile”. Nati da una costola dell’animalismo di sinistra, tecnofili fuoriusciti dalla galassia dei diritti umani e sostenitori dell’ “edonismo genetico”, i transumanisti sono stati i primi fautori della clonazione riproduttiva e dell’utilizzo di farmaci come Ritalin, Viagra e Prozac, la “soma” di Aldous Huxley. Il loro slogan recita: “Perché non usare gli strumenti della genetica per renderci più veloci, più sani e più longevi?”. Vorrebbero lavorare sulla linea germinale per produrre “figli forti e attraenti”. Se il vitro fallisce, auspicano una Kristallnacht delle provette e un nuovo eterno inizio. Il motore della creazione “The Engines of Creation” di Eric Drexler è la bibbia della nanotecnologia e del transumanesimo. Nel 1986 Drexler predicava la manipolazione in vitro degli embrioni umani, paragonandoli ai chips dei computer. E la pastorale futuristica si traveste della più rassicurante retorica dei desideri. Ad una conferenza a Yale nel luglio del 2003 si parlava dei “diritti delle future generazioni”, di quello a fare figli su misura e della “libertà di ricerca scientifica”. Il segretario del movimento, James Hughes, ha redatto una nota sul “Controllo dei corpi”, in cui augura la manomissione della linea germinale umana, commercio e clonazione degli embrioni, diagnosi preimpianto, maternità extrauterine e scelta del sesso. Se per la Pontificia accademia della Vita sono solo dei “maniaci della salute”, è pensando a loro che il presidente del Consiglio americano di bioetica, Leon Kass, ha scritto nel suo “Life, liberty and defense of dignity” che “omogeneizzazione, mediocrità, sottomissione, appagamento da droghe, degrado del senso estetico, anime senza amore e senza desideri sono gli inevitabili risultati del rendere l’essenza della natura umana l’ultimo progetto della padronanza tecnica. Nel suo momento di trionfo, l’uomo prometeico si trasformerà in un bovino compiacente”. Non è d’accordo l’ambientalista Bill McKibbon, perché “con l’ingegneria genetica ci evolveremo in persone più benigne e amorose”. Il bioeticista e transumanista dell’Università dell’Alabama, Gregory Pence, invita a trattare gli uomini per quello che sono, “scimmie compassionevoli”. Molti gli interlocutori nella comunità scientifica. Il London Times racconta che alle celebrazioni per i cinquant’anni della scoperta del Dna, James Watson ha detto che “le persone pensano che sia orribile rendere belle tutte le ragazze. Per me è meraviglioso”. In “Cracking the Genome”, un altro famoso genetista, Kevin Davies, sostiene che “l’infanzia della razza è alla fine e bisogna riscrivere il linguaggio di Dio”. Richard Lynn, professore emerito all’Università dell’Uster, per giustificare la selezione degli embrioni spiega che “il progresso evoluzionistico significa l’estinzione dei meno competenti”. Non a caso considerano loro capostipite il filosofo inglese William Godwin, che nel 1793 voleva ricorrere all’eugenetica per “estirpare tutte le infermità della natura”, compresa la malinconia. Secondo Francis Fukuyama con i transumanisti si avvererebbe anche la profezia di Émile Cioran: “La vita si crea nel delirio e si disfà nella noia”. Il Foglio (08/03/2005)
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