P.Casalino Il ritorno del latino e dintorni . Considerazioni a margine dell'ultimo rapporto del Censis.



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Da: Pierluigi Casalino <pierluigicasalino49@gmail.com>
Date: gio 12 dic 2024 alle ore 17:26
Subject: Il ritorno del latino e dintorni . Considerazioni a margine dell'ultimo rapporto del Censis.
To: ROBERTO GUERRA <guerra.roby@gmail.com>


La desolante condizione culturale del popolo italiano testimoniata dal recente rapporto del Censis mette il dito su una delle piaghe più laceranti della crisi italiana, quella di un declino senza limiti della dimensione intellettuale e didattica del Paese dove il si suona come lo chiamava Dante. Tra le ombre più significative del percorso a ritroso dell' intelligenza nazionale, va ricordato la scomparsa presocche' totale dell'insegnamento del latino, con grave danno per la conoscenza delle radici dell' italiano, ma anche della stessa generale formazione critica delle coscienze. Un paio di anni fa l' allora ministro dell'istruzione Bianchi, rispondendo a una interrogazione di alcuni senatori di Forza Italia, che proponevano di ripristinare lo studio del latino "nelle scuole secondarie di primo grado" riconosceva il valore formativo della materia, ma ha anche escludeva  che essa potesse essere reintrodotta per via legislativa perché questo comporterebbe "una rimodulazione dell'intero piano di studi e dei relativi quadri orari". Affermazione peraltro discutibile dal momento che la circostanza potrebbe consentire una riflessione più che meditata su un recupero di credibilità e di serietà della funzione scolastica e formativa. E tutto ciò, andrebbe aggiunto, in vista di un' eventuale proposta di legge che inquadri un nuovo capitolo alla storica contesa tra sostenitori e avversari della presenza e del peso di questa disciplina all'interno dei piani di studio della scuola media. Un confronto, peraltro, che ha accompagnato la storia dell'Italia repubblicana fin dai lavori della Costituente (1947), quando il diritto di ciascun giovane, anche se povero, ad accedere a una scuola media di qualità, comprensiva dello studio del latino, fu sostenuto da Concetto Marchesi, illustre latinista e deputato del PCI, convinto a differenza di altri esponenti del suo stesso partito che l'apprendimento della "grammatica di una lingua morta" fosse "strumento più adatto di qualsiasi lingua viva alla formazione mentale dell'alunno". Un'opinione condivisa da uno schieramento trasversale ai partiti politici, che pesò anche sulla scelta di mantenere lo studio del latino, sia pure in forma facoltativa, nella scuola media unificata (legge n. 1859 del 31 dicembre 1962), e che animò una forte resistenza alla definitiva soppressione del latino decisa con la legge n. 348 del 1977.
Pochi anni dopo, nel corso del dibattito sulla riforma della scuola secondaria superiore, che secondo alcune ipotesi allora circolanti prevedeva l'esclusione o la forte penalizzazione del latino, un gruppo di 130 prestigiosi intellettuali di diverso orientamento politico, compresi alcuni vicini al PCI (ma di "scuola Marchesi", una scuola di pensiero che riteneva sciocco legare la soppressione del latino al tentativo di eliminare influenze conservatrici dalla scuola) prese posizione contro tali ipotesi chiedendo anzi di tornare indietro sulla decisione del 1977. Anche la rivista Tuttoscuola partecipò attivamente al dibattito, proponendo il ripristino dello studio del latino "almeno in un anno della scuola media", come scrisse Alfredo Vinciguerra in un articolo del 2 marzo 1983, intitolato "Il rimpianto del latino", poi ripubblicato nel volume "Il Paese che non amava la scuola", ricordato anche dall'ex ministro della PI Gerardo Bianco nella sua testimonianza contenuta nello Speciale "Alfredo Vinciguerra trent'anni dopo". Non se ne fece nulla, come nulla d'altra parte si fece sul fronte della riforma della scuola secondaria superiore. Da allora le preoccupazioni per la scarsa padronanza della lingua italiana da parte dei nostri studenti sono cresciute, ed è anche per questo che il "rimpianto del latino" – come strumento utile a consolidare una migliore conoscenza e competenza nell'uso della lingua italiana – non è mai venuto meno. Non resta che augurarsi che l'adesione delle scuole e delle famiglie all'ipotesi allora ventilata dal ministro Bianchi di inserire lo studio facoltativo del latino nei PTOF delle scuole medie sia con il tempo larga e convinta. Certo, una misura più strutturale, con adeguata formazione degli stessi docenti di lettere, sarebbe altamente auspicabile. Un discorso questo che dovrebbe coinvolgere anche lo studio della storia da affrontare in modo adeguato, senza cedere ad interpretazioni tipo il politicamente corretto o la cancel culture.
Casalino Pierluigi 

 




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Roberto Guerra