IL DANTE DI BORGES

Nelle sue "Sette notti" del 1980, Jorge Borges, grande intellettuale argentino, scomparso nel 1986, esprime tutta la sua passione per Dante Alighieri, dopo essere rimasto affascinato dal volto di Gesù Crocifisso e dalle descrizioni dantesche. In tale opera, Borges ci offre una confessione personale straordinaria sul fascino subito dalle letture del Sommo Poeta. La Divina Commedia, per l'autore, vede un intreccio mirabile tra poesia e teologia, in un intreccio costante. Il suo approccio di Dante svelano così un un amore non solo intellettuale, ma anche esistenziale per l'opera dantesca. "Voglio solamente sottolineare, scrive Borges, che nessuno ha il diritto di privarsi di questa felicità, la Divina Commedia. all'inizio si deve leggere il libro con la confidenza di un bambino, abbandonandosi ad esso. E allora ci accompagnerà per tutta la vita". Borges, chiamato, l'ateo della Croce, ci invita così ad una lettura inedita del capolavoro di Dante, recuperando l'immagine del Volto di Cristo, proprio dall'eredità culturale di Dante. e ciò, ricorda Borges,  viene confermato da quella struggente visione di Cristo sul velo della Veronica custodito in San Pietro a Roma. L'intuizione di Borges parte dal confronto tra le due posizioni  sul Cristo dell'arte dei primi secoli cristiani, quella di un Ges§ affascinante sulla scia simbolica del Salmo messianico e un Gesù repellente sulla scia del Servo  messianico del Signore cantato da Isaia. Il Volto di Cristo, secondo Borges, va cercato nei volti umani, come Gesù stesso ci insegna nel Vangelo. E dall'arte di Dante, Borges trae un grandioso messaggio cosmico del Gesù incarnato nell'umanità.
Casalino Pierluigi