Il ricordare e dimenticare del mio Pessoa

 

 

Di Pierfranco Bruni

 

 


     Tra ricordare e  dimenticare. Ricordare/e il nostro desiderio dimenticare" (Fernando Pessoa, Il violinista pazzo, Mondadori). Tra il ricordare e il dimenticare ci sono gli intrecci del tempo che recitano il passo della memoria. Una memoria che si "articola" dentro di noi in quei paesaggi e luoghi che formano la dimensione dell'anima. La letteratura dell'anima è un processo esistenziale che appartiene al sentire del tempo. Il tempo è centrale.

      La letteratura dell'anima non è letteratura delle idee (soltanto). E' piuttosto letteratura del sentire. Lo scrittore che vive questa esperienza è dentro il viaggio indefinibile ma anche interminabile (dal punto di vista esistenziale e metaforico) della nostalgia. Non si scrive perché si ha nostalgia. Si scrive per tentare di afferrare quella nostalgia che percorre l'esistenza. La nostalgia è anche un costante desiderare. E' questa che afferra la metafora del ritorno.

      Nel contrasto, appunto, tra il ricordare e il dimenticare. In un saggio apparso sulla rivista "Microprovincia" diretta da Franco Esposito si parla della nostalgia. La nostalgia anche come "memoria vissuta". "Frammenti di un discorso sulla nostalgia" di Eugenio Borgna. Si legge: "In una esperienza emozionale, come quella della nostalgia, il passato (la dimensione del passato) dilaga e sommerge il presente (la dimensione del presente) mentre il futuro (la dimensione del futuro) retrocede: fibrilla e poi si sfalda, si incrina e poi si spezza quando la nostalgia abbia a trasformarsi da semplice stato d'animo in forma clinica: in depressione".

      La letteratura, in molti casi, diventa anche una forma terapeutica. La nostalgia ci conduce comunque ad un'altra dimensione (che mette insieme quella del passato, del presente e del futuri) che è quella della memoria. La nostalgia della memoria, come ben dice Aldo Carotenuto, occupa tutto lo scenario dell'uomo. Lo scrittore vi trova il suo regno incantato. Non perché lo cerca o l'ha cercato. Ma perché è la memoria a cercare lo scrittore. Non può esistere una nostalgia senza la forza della fantasia. E' già dentro la nostalgia l'emozionante tragitto della tensione fantastica.

      Sempre Pessoa: "O potessi sperare di ricordare/senza desiderare di dimenticare". Ancora questa straziante e misteriosa memoria: "Ah, la mia memoria, mia amica, mio tesoro, mia passione! … Ah, la mia memoria, mia creatura che porterà queste parole oltre la vita, oltre il visibile…". Così Tahar Ben Jelloun in Il libro del buio, Einaudi.

      In fondo il tema del viaggio recita grazie alla memoria o dentro la memoria stessa. In questo caso non ci sono uscite di sicurezza. Ma viaggio e memoria fanno parte della letteratura dell'anima che assume come modello mitico il cerchio. La circolarità che trova nella letteratura del ritorno, appunto, il suo essere e il suo esistere. E qui il mistero non è un enigma. E' una costante malinconia che non offre né specchi né maschere. Il fascino che è nella parola e nell'immagine.

      In uno dei Canti del Pellegrino (Sellerio) di Tukaram si ascolta: "La gravità del mio passato sarà soppressa/e le mie buone o cattive azioni sbiadite?/Sono sfinito a voler conoscere/questo essenziale mistero. (…)/Saranno soddisfatte le mie aspirazioni?/Ignoro quel che mi riserva il passato". Il non conoscere è il domandarsi sul misterioso che permea la vita degli uomini. Ed è su questo sentiero che la letteratura dell'anima (del ritorno) trova i suoi riferimenti creativi.

      Non si tratta di ragionare su una letteratura dell'utopia (e anche se fosse così sarebbe una gran cosa) ma piuttosto su una letteratura dell'immaginazione che crea fantasmi e si edifica nella fantasiosa realtà della non realtà. Potrebbe trattarsi anche di un camminamento verso la fuga. Una fuga nella metafora del viaggio stesso. Una fuga che ci permette di guardare l'esistente.

      Ma fuga non significa sfuggire ai destini. Significa fuggire da una dimensione di realismo che non appartiene alla letteratura del ritorno. In altri termini elogiare, in questo caso, la fuga, come testimonia Henri Laborit in Elogio della fuga (Mondadori) significa "non … indietreggiare ma … avanzare". Ovvero: "E' l'elogio dell'immaginazione, di un'immaginazione mai attuata e mai soddisfacente". Elogiare la fuga dal presente è ripensare il ritorno come sentimento. E' appartenersi in un gioco di rimandi e di ritrovi che segnano il viaggio. E segnano quell'isola che la letteratura dell'anima si porta dentro. Perché è il tempo che definisce il viaggio e il viaggio si autodefinisce nel tempo.

      "Il tempo ci rende adulti. E il tempo fa sì che antichi templi crollino e che isole ancora più antiche sprofondino nel mare". Metafore e ancora metafore in questo passo di Jostein Gaarder tratto da L'enigma del solitario (Super Pocket). Ma il tempo rendendoci adulti ci dà la consapevolezza della memoria. ci dà la consapevolezza delle stagioni della vita e ci introduce proprio in quella dimensione della nostalgia che ci permette di stabilire un dialogo tra l'immenso ricordare e il desiderare il non dimenticare.

      Il filo sottilissimo che si intreccia in questo ricordare e desiderare è dato dal rimpianto. Recita sempre Pessoa: "Tutta la nostra anima è rimpianto./Rimpianto di ciò che ricordiamo/e rimpianto di ciò che dimentichiamo". Il rimpianto comunque non è il senso del nostalgico. Non si fa letteratura con il solo rimpianto. Si fa letteratura decodificando i segni della nostalgia che invade il nostro esistere in memoria. Memoria - tempo. Tempo - letteratura. Un rapporto necessario pur restando indefinibile.

      Ma se "il tempo passa e i ricordi fuggono sempre più lontano da ciò che un giorno li ha generati" (come scrive Gaarder) cosa resta nella nostra dimensione cosmica dell'essere? La nostalgia. Resta la nostalgia. Quella che non può vedersi. La si sente. Perché è un appartenere. Come tensione dell'esistere e nell'esistere. E viaggia dentro di noi e noi dentro quell'anima che è un costante ritornare. Si ritorna dove?

      Metaforicamente si ritorna dove si è già stati: nel tempo e nel luogo. Ma si ritorna soprattutto verso se stessi. Verso l'uomo che esiste perché sa che solo nel Tempo ci si può ritrovare. In quel Tempo che ricongiunge e non divide. La letteratura dell'anima è in questo viaggiare nel desiderio di non dimenticare.