Roma segnala Emilio Diedo e la Poesia Cosmica

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Presupposto oggettivo  Poesia cosmica, come dire, in senso generalizzante, poesia attenta alle possibili declinazioni ed ai coinvolgimenti degli elementi naturali universali. Tra tali, con tali e di tali elementi l’uomo ne è tutte le volte, solo ed esclusivamente lui, interprete, interlocutore, fruitore e, in queste fondamentali vesti, opportuno manipolatore. In definitiva, per un’imprescindibile ragione di reciprocità, ne è necessaria parte comune.

 

 

 



 

Come nella quotidiana lotta per la sopravvivenza è concreta, fattiva attrice la mano umana, così la mente umana, nel suo astratto agire, ha facoltà di leggere le contingenti causalità degli eventi e talora ne ha pieno dominio. Potendo oltretutto concepire, nella mera azione dell’intuire, carnali affezioni, proprie o altrui, gravitanti attorno a quegli stessi elementi dell’universo. La poesia, dal canto suo, largamente intesa come embrionale sprone delle arti, trascinata dall’enfasi umana, ripercorre dette attività mentali ed anzi ne riproduce una sua fotonica, epifanica realtà estetica.

 

La poesia cosmica include un movimento molto più ampio di quanto non indichi la sua terminologia. Non riguarda la sola letteratura (ed intanto quando dico letteratura includo, a fianco della poesia, la narrativa), ma l’intero ambito delle arti, delle quali ritengo che le letterarie e le figurative siano le maggiormente interessate. Tutte le arti trovano comunque potenziale cimento nella caratteristica cosmica. La ricerca in tal senso non è affatto difficoltosa. Basta guardarsi attorno ed aguzzare lo sguardo e/o attivare i martelletti auditivi, specialmente in questo squarcio epocale.

 

Rifacendoci all’ottica d’una globale applicabilità, poesia cosmica allora significa, in primis, possibilità d’espressione dei singoli interpreti; intimistica manifestazione di volontà che supera la tacita, essenziale presenza delle cose, dei micro e macro organismi compartecipi della fisica, misterica struttura del cosmo, nel nostro pianeta e, nell’idea d’un probabilistico quanto ora ignoto o vagamente presunto altro mondo, nell’altrove.

 

Poesia cosmica può essere parallelamente definibile come ausilio esemplare di spettacolare, suggestiva prova di trascendimento delle logiche che regolano meccanicisticamente i mutamenti della materia nel suo perenne scorrere, nell’ininterrotta, ineludibile trasformazione.

 

Ulteriori, similari precisazioni potrebbero essere acconce a far comprendere il vastissimo panorama atto a configurare tale tipologia poetica, talmente pervasiva ne è l’apertura. Come avviene di fatto: diversi sono i cultori della poesia, e del poetico in generale, che si avvalgono delle più disparate accezioni per esprimere il cosmico. Il che, naturalmente, incide sul loro procedere artistico, spesso anche conformandone lo stilema.

 

È verosimile, e non solo un’idea, che dacché esiste la poesia esista contemporaneamente, quale misura rappresentativa ed altresì connotativa, il concetto del cosmico. Per cui si può affermare che la poesia cosmica probabilmente esiste da sempre, da che mondo è mondo. La cosmicità dunque non è infondato affermare che sia elemento di sviluppo insito nella poesia.

 

Con ciò non posso non citare un maestro, Ugo Stefanutti (Venezia, 1924 † 2004), uno dei fondatori, se non il fondatore, unico, della poesia cosmica che, ad illustre esempio, non a torto vede strettissimo legame tra una certa poiesi preistorica e la poiesi cosmica che, insieme, incedono all’elaborazione dell’opera artistica.

 

«Un profondo legame, una perfetta corrispondenza lega questi due avvenimenti lontani, ma solo apparentemente, uno dall’altro.

 

La poesia della preistoria emerge tra le piante, sboccia tra le foglie e si espande sulle zolle di una terra in fermento, tutta ancora da scoprire; la poesia cosmica parte da un mondo ormai dissodato e si protende verso i cieli nella realtà del cosmo, tra la fuga delle galassie, nel mistero dell’immensità. Non solo, dunque, due partenze ma due manifestazioni-apparizioni, due epifanie che si completano a vicenda e che soprattutto caratterizzano ciò che noi chiamiamo l’umano: enigmi di ere atemporali, ognora superati dall’esperienza autentica del nostro vivere».Cfr. Punto di Vista, Libraria Padovana Editrice, n°23/2000, Dalla preistoria alla poesia cosmica, p. 21.

 

Analogamente, volendo includervi un terzo coessenziale fattore, questa volta introspettivo, se è vero che la poesia nasce nell’uomo, perché nell’uomo ve n’è latenza, occorre ulteriormente asseverare che assieme alla poesia e all’uomo nasce l’idea delcosmico, quale fattore in fieri in ambedue, uomo e poesia.

 

È inoltre pensabile che i concetti di poesia e di cosmo dapprima nascano per via d’una cultura del tutto casuale, attinta in minima parte empiricamente ed in gran parte inconsapevolmente, il che vale a dire avvenga in una fase pressoché inconscia. E che poi, una volta fatti propri dall’uomo, entrambi i concetti, partorendoli razionalmente, nella progressiva crescita della coscienza, in un determinato, consequenziale, ulteriore transito mentale, poesia e cosmo si liberino dalla primordiale fase prevalentemente intuitiva. Detto momento, post-intuitivo, altro non rappresenterebbe che il segmento cruciale, atto di sgravamento definitivo della poesia cosmica dalla coscienza.

 

Emilio Diedo 

 

INFO

Emilio Diedo su Eccolanotiziaquotidiana

 

http://www.literary.it/autore.asp?id_autore=34 Emilio Diedo, Literary Magazine

 

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