Dio e la Grammatica postmoderna

....È vero, l’arte moderna per far parlare di sé talvolta riccorre alla dissacrazione. Ma in fondo, anche l’arte dissacrante finisce comunque per postulare la necessità dell’interlocutore che vorrebbe distruggere...». L’arcivescovo Gianfranco Ravasi, «ministro della cultura» di Benedetto XVI, è un vulcano di iniziative. È l’uomo chiave del dialogo con il mondo dell’arte come pure della scienza, e sta lavorando per rendere operativa l’intuizione di Papa Ratzinger, il quale lo scorso dicembre, riferendosi allo spazio eistente all’esterno del Tempio di Gerusalemme, disse che «la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili”», per dialogare con chi considera la religione «una cosa estranea».

L’anno scorso a Berlino è stato esposto un crocifisso di sperma. Perché siamo passati dall’arte sacra all’arte dissacrante?
«Bisogna da un lato riconoscere che la dissacrazione è un modo per postulare la necessità dell’interlocutore che si vorrebbe distruggere, l’assalto a un simbolo che si riconosce ancora rilevante. Dall’altro questa “arte” oscena, ricorre ai simboli tradizionali e religiosi non soltanto in modo dissacrante, ma anche banalizzante. Se invece del crocifisso, con lo sperma avessero rappresentato Marilyn Monroe oppure Einstein, non avrebbe fatto effetto. Ci troviamo di fronte alla superficialità di una cultura che però è ancora elettrizzata dal sacro. Un motivo in più per proporre nuovamente agli artisti i grandi temi, i grandi simboli, le domande ultime, anche correndo qualche rischio, come può essere quello, per la Santa Sede, di partecipare, alla Biennale di Venezia».
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