Una seconda opportunità per i libri
Barbara Cannetti
Si dice che gli italiani leggano poco. Le motivazioni addotte a tal proposito sono le più disparate. Il costo elevato dei libri correlato all’incremento della povertà dovuto all’attuale crisi economica, pur non essendo la causa principale di questo fenomeno, può comunque agire da concausa.
Eppure, curiosando tra le notizie di cronaca, non è infrequente venire a conoscenza di libri portati al macero. Non si tratta solo delle opere rimaste invendute nei magazzini di qualche casa editrice ma anche di libri di successo, di capolavori che le Università, le Biblioteche o altri Enti Pubblici, di tanto in tanto, preferiscono gettare piuttosto che distribuire gratuitamente a Biblioteche minori, a scuole o a privati cittadini.
È successo quest’anno a Torino dove l’Università ha deciso di ripulire le proprie cantine gettando via un enorme numero di volumi, 4000 dei quali sono poi stati salvati da studenti e professori. Succede ogni anno a Saronno dove in dieci anni la biblioteca ha distrutto almeno 12 mila volumi, più di 2500 nel solo 2009. Gli operatori della biblioteca hanno affermato che tutto questo non solo è previsto ma anche suggerito da vari organismi internazionali. Lo scopo sarebbe quello di mantenere il servizio pubblico a livelli ottimali (le opere a catalogo devono sempre essere aggiornate oltre che in buono stato di conservazione). Questi libri, inoltre, fanno parte a tutti gli effetti del patrimonio inalienabile della pubblica amministrazione e quindi sono soggetti a tutte le regole demaniali.
La conseguenza è che i libri si possono distruggere ma non vendere né donare!
Probabilmente queste scelte che sono state in più occasioni spiegate e quindi giustificate saranno anche giuste ma nel mio personale immaginario le Università e le biblioteche svolgono da sempre un ruolo importantissimo (ossia quello di diffondere la cultura, renderla sapere condiviso, incentivare la lettura); questo dovrebbe significare tutelare e diffondere in tutti i modi il patrimonio culturale, non eliminarlo sic et simpliciter.
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Viviamo in una epoca dove le logiche consumistiche divengono ogni giorno sempre più spinte, dove quel che non ha un prezzo o non è commerciabile non possiede alcun valore ma sembra che, tra i volumi scartati dall’Università di Torino, ci fossero anche opere di pregio, libri ancora attuali, edizioni antiche.
Forse la mia visione è un po’ nostalgica dato che sono cresciuta in una epoca in cui i libri di testo si passavano da fratello maggiore a sorella minore. Ricordo che ogni anno, prima dell’inizio della scuola, fiorivano anche i mercatini dell’usato. Questa pratica è stata poi osteggiata dal fiorire, anno dopo anno, di sempre nuove edizioni, riviste e corrette.
Perché si dovrebbe preferire la distruzione di un testo piuttosto che renderlo fruibile a terze persone? Le motivazioni possono essere le più disparate.
La storia ci ha mostrato alcune delle spiegazioni peggiori: per distruggere un popolo bisogna radere al suolo anche i suoi monumenti e la sua cultura in qualunque forma essa si presenti (ricordiamo a titolo di esempio la famosa notte dei cristalli)
Non è questo il caso dei libri mandati al macero da biblioteche ed università perché oggi, fortunatamente, non si mette in alcun modo in discussione la libertà di pensiero e di parola né si opera la censura.
È però innegabile che il pensiero di un libro distrutto riporta in chiunque ama i libri, una sensazione negativa, un sentimento di angoscia.
Prima di mandarli al macero sarebbe quindi bello dare anche a questi volumi una seconda opportunità. Ha sicuramente ragionato in questi termini anche Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria di Bologna che, grazie al contributo della Regione Emilia Romagna, ha messo in atto un piano di salvataggio dei libri distribuendoli gratuitamente a centri sociali, carceri, comunità, scuole, ecc... Alcuni testi sono stati donati anche ad istituti di italianistica ed a comunità di italiani all’estero. Alla base di questo intervento redistributivo di risorse c’è sempre la stessa convinzione: la lettura arricchisce.
Questo evidenzia anche che, spesso, ci sono strade alternative che possono innescare veri e propri circoli virtuosi. Evidenzia, inoltre, che anche dove non ci sono scambi di denaro si può avere un riscontro positivo. Il valore aggiunto, in questo caso è sia un minor impatto ambientale (con conseguente, riduzione degli sprechi) sia la possibilità di rendere fruibili i testi a chi, ancora oggi, non legge perché non se lo può permettere.
Significativo è anche il fenomeno del bookcrossing che si sta sempre più diffondendo anche in Italia quale modo particolare di far vivere i libri e di condividere le emozioni che essi producono. Si tratta in pratica dell’abbandono volontario di un libro in un luogo pubblico facilmente accessibile. L’opera prima di essere lasciata viene catalogata in modo che se ne possano seguire gli spostamenti anche grazie ad un numero identificativo ed ad un sito internet dove vengono mappate le varie tappe che il libro stesso compie... colla speranza che resti sempre e comunque risorsa e non diventi rifiuto, finendo il suo viaggio in una discarica.
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