Il neocinico Evelyn Waugh da Stenio Solinas

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Gli piaceva il passato. Se avesse potuto usare «la macchina del tempo», non se ne sarebbe servito per esplorare il futuro, «la più orribile delle prospettive», ma per scivolare gentilmente indietro nei secoli, «il più squisito piacere che io possa immaginare». Nato agli inizi del Novecento, a diciott’anni Evelyn Waugh era già infelice, emblema di una «generazione infelice» di cui, crescendo, sarebbe stato la voce più significativa. Erano infelici, scrisse nell’ultimo editoriale di The Magazine, il giornale del suo liceo, perché vedevano le cose con chiarezza: la Prima guerra mondiale come la fine di un mondo e la perdita di ogni illusione. The old men, i vecchi, avevano rovinato ogni cosa e non restava che ridere di tutto e di tutti, il cinismo ironico come unica arma, l’infelicità e quindi la noia delle istituzioni, delle ipocrisie sociali, dei conformismi professionali, affrontata con il sarcasmo intelligente di chi non dimentica e non perdona. ..

Rimase così fedele a quel manifesto d’intenti che cominciò a morire il giorno che, incautamente, un’amica gli disse che agli occhi di molti era divenuto noioso. Aveva cinquantacinque anni e nell’arco della sua vita lo avevano accusato di essere snob, arrampicatore sociale, misantropo, misogino, sadico, alcolizzato, psicopatico, cinico, naturalmente... Ma noioso non glielo aveva detto mai nessuno e non riusciva a farsene una ragione. «È stato per me un fatto traumatico. Certo, tutti siamo noiosi per qualcuno, ma ne siamo consapevoli. Il punto cruciale è quando non ci se ne rende più conto e questo significa che non ne vieni più fuori». Un infarto se lo portò via qualche anno dopo, nel 1966. ..

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(Stenio Solinas)

VIDEO http://www.youtube.com/watch?v=Xbzse6GBerQ