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21 Aprile, Natali di Roma. Il mito della Città Eterna e Rutilio Namaziano.



Da: Pierluigi Casalino  
 
Ogni anno il 21 aprile si celebra una ricorrenza che va aldilà del suo significato storico per abbracciare un percorso di civiltà che lascia ancora oggi un lascito di rilevante valore che segna uno dei momenti più alti della vicenda umana su questo pianeta. Parliamo dei natali di Roma e di tutti i riferimenti che a tale ricordo si associano. Il nome ed il mito di Roma resiste ad ogni tempesta e ad ogni tragedia. Se sentirsi cittadino romano era motivo di vanto per quanti vivessero in ogni provincia del vasto impero, ma anche per coloro che, oltre la caduta dell'impero d'Occidente, proseguiranno l'esperienza imperiale ad Oriente, trasmettendola poi ad altri che, succedendo ad essa, ne reinterpretarono il ruolo sotto diverse insegne. E cio' sia ad Oriente che ad Occidente, in un coinvolgimento universale che costituisce tuttora la più autentica eredità di Roma. Dire Roma, infatti, vuol dire universalità. Viene qui alla mente una stagione poetica oggi quasi interamente dimenticata, quella tardolatina. I pochi che al di fuori della cerchia degli studiosi ne abbia notizia conoscono un modo principale di avvicinarvisi, ed è sognarla. La sua posizione nell'arco della Storia invita sempre a sfogliarne i reperti come si sfoglia un'opera delicata, serenamente seduti in una veranda, al sole particolare del tramonto. Non riesce a liberarsi dalle suggestioni di quel prefisso "tardo" che riconduce alla fine di un'epoca. E nello stesso tempo si è pervasi da un senso di pace a vedere agitarsi sullo sfondo conflitti devastanti, distruzioni e fuochi, rivoluzioni interiori, addii. Molti di coloro che l'hanno amata hanno sentito in questa in questa letteratura il sapore di ultime cose, di sgomberi, di futili giochi, attendendo la fine. Non dobbiamo tuttavia lasciarci vincere dall'idea di decadenza, come talora è avvenuto. Non più di quanto non lo si possa essere per un'altra qualsiasi opera, anche la nostra. Si può altrettanto bene fantasticare di un che di florido, autonomo e assai vitale, come un giardino di piante esotiche rigoglioso nella sua giornata: un fascino che già riposa sui nomi stessi degli autori: Draconzio, Corippo, Lussorio, Claudiano, Sidonio Apollinare, Orienzo. Sono uomini antichi, e così non è disponibile la loro immagine. Spesso persino le testimonianze sulla loro vita sono scarse e incerte: ne deriva un senso di sbilanciamento, quell'alone di irrisolto che accompagna cio' che non si lascerà mai stringere di una precisa conoscenza, ma andrà integrato con il vigile sentimento della nostalgia. Per lo più rimane l'opera da sola a rispecchiare totalmente quanto possiamo attingere di quella persona. Ora i poeti tardolatini praticano, a volte fino all'esasperazione, i tratti convenzionali e generici propri di quella retorica che fu l'articolazione principale della loro cultura e civiltà; eppure, con tratto che potrà apparire paradossale, si dispongono spesso a mescolarvi aperture su cio' che più profondo traverso' la loro personale esistenza. Appunto questo, anzi assai di più, avviene, fra cortine di classicissima e remote, nel diario di viaggio di Rutilio Namaziano, fieramente romano, se pur gallico di nascita, l'ultimo grande vate della classicità. La cornice storica è quella della grandi invasioni barbariche con le loro distruzioni insensate e incivili, e Rutilio se ne va da Roma, ma la rimpiange e ad Essa eleva quel celebre e straordinario inno a Roma eterna, i cui splendori esalta e che riempiono di nostalgia il suo spirito. È proprio in questo documento che viene raccolto tutto il messaggio imperituro della Città Eterna.
Casalino Pierluigi 

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