Private equity in Italia: non chiamatela industria



Da: Newsletter Financecommunity.it  




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Newsletter N° 183 de l 20 febbraio 2019
Private equity in Italia: non chiamatela industria

Di laura morelli

Le tensioni politiche in Europa, la Brexit imminente e la recessione tecnica in Italia. Il 2019 è iniziato con degli indicatori decisamente poco incoraggianti che fanno pensare all'inizio di un nuovo ciclo economico negativo. Il quale, volenti o nolenti, impatterà tutti, dalle imprese ai big della finanza. Di certo non possiamo aspettarci diversamente, soprattutto dopo un periodo così lungo ? e anomalo ? di crescita.
Ogni ciclo, e ogni crisi, sono in un certo senso utili perché ripuliscono il mercato da tante inefficienze e consentono di fare il punto della situazione. Anche per un'industria variegata e frammentata come quella del private equity.
Sul fronte delle opportunità di business, come emerso durante un incontro sul tema organizzato ieri a Milano dallo studio legale Simmons & Simmons con Kpmg e Transearch, in media partnership con Financecommunity, i private equity non mostrano per il momento troppe preoccupazioni per il futuro. Il mercato italiano è ancora relativamente piccolo e di aziende belle ed esportatrici ce ne sono. Trovarle sarà probabilmente più difficile, ora che "l'inverno sta arrivando" (cit.), i volumi delle operazioni si abbasseranno e lo spread tra domanda e offerta si alzerà, ma lo show andrà avanti lo stesso e chi saprà sfruttare il momento di mercato ne uscirà vincitore.
Il problema si pone se guardiamo agli effetti che un nuovo ciclo avrà sull'industria stessa del private equity italiano. Una "industry" che è tale solo di nome. Se guardiamo infatti a come è strutturato il mercato delle sgr, questo è ancora molto frammentato, con player di dimensioni non sempre competitive con quelle dei peer europei, esclusivamente focalizzati sul mercato italiano e con un'organizzazione interna poco strutturata.
Suona familiare? Dovrebbe, perché è la situazione di molte piccole e medie imprese che i private equity valutano nella loro attività. A queste pmi viene consigliato di internazionalizzarsi, di superare la gestione familiare e di consolidarsi. Ma i private equity non seguono le stesse strategie. Perché? Perché le efficienze che auspichiamo per i diversi settori industriali non sono state applicate e introiettate, se non in alcuni casi, anche all'industria del private equity italiana?
Il tema non va sottovalutato in quanto, lo sappiamo bene, solo mercati maturi e strutturati possono resistere agli scossoni dell'economia. Significa internazionalizzarsi, organizzarsi internamente in modo da favorire il ricambio generazionale, aumentare le proprie dimensioni e aprirsi alle innovazioni. L'alternativa la conosciamo, è restare per sempre una nicchia all'ombra dei grandi player internazionali. I quali avranno sempre più il campo libero per acquisire aziende italiane e a poco servirà indignarsi per questo.

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