Esempi di laicità nella filosofia islamica medievale. Felicità Mentale e Libertà di pensiero.



Da: Pierluigi Casalino 
Si ricordi, per cominciare, la celebre distinzione di Averroe' (Ibn Rushd) nel Trattato decisivo tra le classi in cui, epistemologicamente, si divide la società: i filosofi che applicano la scienza dimostrativa e a cui compete l'interpretazione allegorica delle Scritture; i giuristi che applicano la disciplina topico dialettica; il volgo che si accontenta dei discorsi retorici fondati sulle rappresentazioni immaginative e a cui compete l'adesione al senso letterale delle Scritture. Per altro Alfarabi, da parte sua, parla solo di due e non di tre approcci al sapere, e pare sostenere che la perfetta conoscenza dei filosofi, essendo dimostrativa, è assolutamente lontana da ogni rappresentazione simbolica, anche nei confronti delle cose divine, che,invece, Averroe' riteneva in buona parte bisognose di esegesi allegorica a sé i dogmi essenziali della fede che devono venire accettati così come sono stati rivelati. Pur avendo parlato a lungo da filosofo islamico e pur avendo dato l'impressione di tracciare la fisionomia di una perfetta società islamica, Alfarabi sembra ad un certo punto, con grande liberalità, concedere che la religione, o almeno una specifica religione, non sia necessaria e sufficiente a qualificare le città virtuose. Alfarabi farebbe dunque capire che, a suo avviso, la filosofia sarebbe indipendente dalla religione; o almeno i filosofi dovrebbero essere liberi di scegliere la una propria via(dimostrativa e/o rivelata) alla conoscenza. Il che suona molto averroistico, molto incline cioè ad individuare alla religione e alla filosofia due distinti ambiti di applicazione. L'obiettivo della Felicità Mentale è del resto tutto filosofico; e nelle città virtuose la conoscenza di Dio, delle Intelligenze separate, del micro e del macrocosmo, risulta in qualche modo da una sintesi speculativa tra il celeste e il terrestre, da un richiamo continuo tra la mente, il cosmo e la politica. Una seconda soluzione, anch'essa di taglio averroistico e, nella sostanza  non molto diversa dalla prima, potrebbe consistere nel considerare le religioni dal punto di vista esoterico; cioè, come messaggi rivolti su un piano esclusivamente esoterico e affabulatorio, al volgo. In tal senso, i vari libri rivelati (dalla Bibbia al Vangelo al Corano) sarebbero apportatori di leggi e di regole di cui il filosofo, tutto intento alla contemplazione e al perseguimento della felicità mentale, potrebbe anche fare a meno. E' chiaro che simili affermazioni portino all'interpretazione esoterica di Alfarabi, per esempio, che assume in genere una posizione realistica. Si ricordi, inoltre, che un pensatore certamente ortodosso come Ibn Khaldun sosteneva che nella costruzione degli stati e del potere civile è necessario lo spirito di corpo tribale e non la religione rivelata. 
Casalino Pierluigi.