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Italian Transhumanist per Zoltan Istvan

Una finestra aperta sul futuro
Siete pronti per il futuro? Un futuro transumanista?
Che lo siate o no, su Facebook vi abbiamo appena aperto una finestra sul futuro: Zoltan Istvan Fans
Ho appena completato la lettura di "Homo Deus", bestseller mondiale dell'autore israeliano Yuval Noah Harari, pubblicato di seguito a un altro suo bestseller dal titolo "Sapiens. Da animali a dei". Homo Deus si conclude con una, direi, pugnace critica al "datismo", considerato dall'autore alla stregua di una nuova forma di religione.
Al posto del termine "dato", i filosofi greci dell'"inizio", nell'accezione di Heidegger, avrebbero usato il termine "ente", allo stesso modo di come oggi noi useremmo il termine "cosa". E quindi, diciamo pure che siamo qui pronti a discutere di "cosa". Qualunque cosa, come meglio capiremo.
Ciò premesso, torniamo alla critica di Harari; per dire che non ci sembra corretto, come fa l'autore, concludere con un interrogativo del tipo: Che cos'è più importante: l'intelligenza o la consapevolezza? Così che, abbiamo provato a chiedere a Zoltan Istvan, in particolare, cosa sia per lui l'"intelligenza", cosa la "coscienza" e se si possa considerare l'unità minima d'"informazione" alla stessa stregua del mattone di base di Democrito ritenuto per parte necessario alla comprensione del cosmo greco.
Sapevamo già che le risposte di Zoltan ci avrebbero convinto (http://www.pensalibero.it/angelo-giubileo-intervista-zolta…/), al contrario dell'interrogativo fuori posto, di cui si è detto, e che in effetti giunge al termine dell'intero discorso affrontato e sviluppato da Harari. Infatti, che l'interrogativo stesso non sia corretto è dimostrato dal semplice fatto che, già in premessa, come umani, in vero non abbiamo alcuna consapevolezza di cosa sia "cosa". Qualunque cosa. Lo stesso Aristotele ci rammenterebbe opportunamente che i nostri più antichi progenitori da sempre fossero convinti sostenitori della dottrina cosiddetta dell'"epochè" o "sospensione del giudizio". Così che, nulla sappiamo circa alcuna cosa, qualunque cosa, per cui possiamo dire soltanto, all'esatta maniera di Parmenide di Elea, che l'essere: "è". Nient'altro.
E tuttavia, ciò che per così dire tutti noi quotidianamente, di continuo riscontriamo è che una cosa, che "è", sia o non sia praticabile. Praticabile, per noi umani ma così anche per specie a noi simili e, in genere, per un qualsiasi "sistema", semplice o complesso che si dica.
Tutto ciò implica anche che, in generale, al discorso del Logos non sia affatto necessario un'autorità (uomo o dio) e neanche uno stesso o comune fine pre-ordinato; quanto invece che, in atto o in effetti, ciascun fine sia per se stesso praticabile. Così che, non ha alcun senso definire il datismo, come fa Harari, al pari di "una religione che rivendica la facoltà di determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato". Questo è o sarebbe senz'altro un errore.
Ciò detto, ecco a voi la nostra finestra aperta sul futuro …
https://www.facebook.com/groups/Italiantranshumanist/

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