IL MAROCCO HA DICHIARATO GUERRA DA SEMPRE ALL'ESTREMISMO

I segnali non sono da adesso, ma si tratta di una strategia che viene da lontano. E precede l'avvento al potere dell'attuale sovrano. Il dibattito sulla laicità da tempo aperto, così come quello sugli equilibri tra i sessi soprattutto sul piano giuridico e civile, la scuola degli imam di stato, il divieto di vendita di burqa, la possibilità di lasciare l'Islam per aderire ad altra religione e infine la liceità della propaganda religiosa a favore di correnti non islamiche: tutti elementi che denotano il senso delle cose in Marocco. Non allarmi quindi la pletora di nomi maghrebini che spunta ogni volta che si verifica un episodio di terrorismo. In parte questa gente, e non solo questa, è già sotto controllo delle autorità di Rabat e, molti, troppi forse, non sanno che i servizi marocchini (data la lunga tradizione storica) lavorano spalla a spalla con quelli israeliani, che i marocchini considerano la loro madre (a dire il vero anche l'intelligence indiana nutre tale venerazione per la sigla ebraica). I marocchini avvertono molto spesso in tempo utile gli altri organismi stranieri, specialmente occidentali, dell'imminenza di fatti clamorosi. Stupisce che non si faccia tesoro in modo adeguato di questa lezione. La cultura cosmopolita di base del Marocco, segnata da prima dei romani dalla cultura ebraica, costituisce un punto base di notevole interesse per comprendere le dinamiche di un atteggiamento che non viene mai abbastanza apprezzato da noi, facendo indebitamente di ogni erba un fascio, senza andare nel profondo delle cose. Basti rileggere la grande lettura sociopolitica di un marocchino del passato, quel Ibn Rushd (l'Averroè dei latini), che fu maestro di Dante e di San Tommaso d'Aquino.
Casalino Pierluigi