Lo conobbi a Roma, dopo il suo forzato esilio, nell'inverno del 1973. Deposto a luglio, mentre si trovava all'estero per cure mediche, Zahir Schah si stabilì a Roma ed era facile incontralo nel celebre Café de Paris di Via Veneto, locale storico immortalato dal film "La Dolce Vita. Formatosi alla cultura francese - aveva frequentato il suo corso didattico a Parigi negli Anni Trenta e animato da sentimenti liberali, aveva cercato di coniugare l'Islam con l'Illuminismo, facendo dell'Afghanistan un Paese dalle grandi prospettive democratiche. E ciò come ben ricordano quanti avevano fatto di Kabul dalla metà degli Anni Sessanta del secolo scorso, un centro di interessi culturali e di modernità, tra la suggestione di una terra che ricorda mirabilmente il passato indo-greco (e alessandrino) e l'eredità nel suo sangue della civiltà indiana ed iranica nel quadro di un'intreccio di rapporti internazionali aperti e improntati all'abilità diplomatica, pur nella complessità del mosaico di etnie e di lingue che segnano la vita politica e sociale. Il colpo di stato messo in atto dal cugino del re Daud nel luglio del 1973 aprì la strada via via allo scontro tra le forze progressiste e tradizionaliste di ogni segno, tra l'influenza sovietica e quella occidentale, fino a rovesciare sull'Afghanistan un fiume di conflitti tuttora in movimento. Re Zahir era persona brillante, elegante e preparata. era facile discutere con lui soprattutto in francese e spesso lo si coglieva seduto ad un tavolino esterno del bar romano, immerso nella lettura di Le Monde (la cui consultazione quotidiana avevo cominciato a condividere con l'illustre personaggio già dai primi di settembre). Amava la storia dell'Afghanistan e la riteneva fondamentale per il resto del pianeta: non a caso definiva il suo paese l'ombelico del mondo. Gli eventi che seguirono sono noti e fanno parte della storia contemporanea. Devo dire la verità: il re afghano mi predisse molti dei passi che avremmo assistito dopo l'invasione sovietica. Quando dieci anni fa mi giunse la notizia della sua scomparsa, un senso di tristezza mi prese, soprattutto per il tesoro di saggezza e di equilibrio che tutti noi avevamo perso.
Casalino Pierluigi
Casalino Pierluigi