LA CITTA' VIRTUOSA NEL PENSIERO DI ALFARABI E DI IBN RUSHD (AVERROE') E CONCETTI DI LAICITA'

Se Averroè (Ibn Rushd) divide la società tra le tre classi che possiedono tre gradi diverse di conoscenza, Alfarabi riconduce, invece, la conoscenza a due gradi e pare sostenere che la perfetta conoscenza dei filosofi, essendo dimostrativa, è assolutamente lontana da ogni rappresentazione simbolica, anche nei confronti delle cose divine. Averroè (Ibn Rushd) riteneva, da parte sua, che le cose divine sono in parte bisognose di esegesi allegoriche salvo i dogmi essenziali della fede che devono essere accettati così come sono stati rivelati.. E' decisamente difficile considerare tale affermazione nel confronto con il pensiero di Alfarabi, il quale, con grande liberalità, concede, dopo aver parlato a lungo da filosofo islamico e pur avendo dato l'impressione di tracciare la fisionomia di una perfetta società, sembra in seguito concedere che la religione non sia necessaria e sufficiente a qualificare città virtuose. Ciò fa pensare che la filosofia, secondo molti classici del pensiero arabo come Alfarabi non solo la filosofia, ma anche il potere civile, sia indipendente dalla religione. Circostanza che suona in genere molto averroistica anche in altri filosofi arabi. E non si tratta di interpretazione esoterica, ma di un vero e proprio principio di laicità ante litteram in una realtà ritenuta talvolta (e a torto) fondata esclusivamente su un modello teocratico o clerico-fondamentalista. Un altro motivo per respingere l'idea che il mondo islamico possa continuare ad essere ancorato ad anacronistici ed oscurantisti concetti in contrasto con una consapevole critica visione di modernità.
Casalino Pierluigi