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DEMOCRAZIA E POPULISMO. LE RAGIONI DI UN NON BUON GOVERNO

Ai mali della democrazia, così come li ha visti Alexis de Tocqueville, ho dedicato altri miei precedenti interventi anche su Asino Rosso. Non è quindi così fuori luogo rientrare nel discorso, evocando il pensiero dell'autore francese sulla democrazia diretta, mettendone a confronto gli elementi salienti  di quello che oggi si tende a chiamare populismo. Viene in tal modo recuperato una democrazia basata sul rapporto tra eletti (forse uno solo) ed elettori, attraverso una mediazione di corpi intermedi, nella quale sono deboli le istituzioni di garanzia dei diritti delle minoranze e del singolo cittadino. Se ci ispira al concetto mutuato da Cas Mude di una democrazia pervasa da un'ideologia leggera che divide la società in due gruppi contrapposti, la storia non ci fornisce esempi positivi di esecutivi populisti, di destra o di sinistra: l'emarginazione dei corpi intermedi e la rinuncia allo stato di diritto non ha arrecato vantaggi né economici, né sociali, al punto che si è assistito al crollo dell'occupazione e all'accrescersi delle diseguaglianze. Le cause del successo del populismo non sono chiare: non è una caso, infatti, che si cerchi seriamente un antidoto ad una simile deriva. In primis la ricerca di equità in una più consapevole apertura dell'economia internazionale. Si ritorna a quella protezione sociale che, almeno nel nostro Paese, è ridicola e suscettibile di reazioni pericolose da parte chi non ne riesce ad usufruirne inspiegabilmente i vantaggi, pur avendone in teoria diritto di usufruirne. La condizione politica della controffensiva democratica è quella di realizzare un grande mercato dell'equità. Questo è il segreto del buon governo.
Casalino Pierluigi 

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