di Casalino Pierluigi
> Autunno 1916. Imperversava sui mari la guerra corsara dei sottomarini
> tedeschi contro le potenze alleate. Le navi mercantili italiane erano
> state tutte militarizzate e così anche quella su cui navigava mio
> nonno Lorenzo, già reduce fortunato di un siluramento austriaco in
> Adriatico nell'estate del 1915. Lorenzo si era segnalato anche tra
> quanti avevano soccorso i naufraghi del Léon Gambetta, unità della
> marina militare francese, al largo di Santa Maria di Leuca nello
> Jonio, dopo un altro attacco austro-germanico. La rotta della nave da
> carico su cui nel novembre 1916 Lorenzo e altri marinai agli ordini
> del comandante Nicola Giribaldi, alassino purosangue, era alla volta
> di Brest, porto del Nord della Francia e avanzava tra immense cortine
> di nebbia che si alzavano quasi a coprire un cielo già grigio e
> solcato da gabbiani impertinenti. L'equipaggio era in allerta e il
> telegrafo di bordo continuava a sfornare notizie di siluramenti da
> parte dei tedeschi o di inviti alla vigilanza. Lorenzo di tanto in
> tanto tirava un po' di fumo dalla sua pipa acquistata in una delle
> soste italiane, più precisamente a Livorno, poi ridiscendeva in
> cambusa, preso com'era dal suo lavoro. Ad un tratto un grido si leva
> dal ponte: naviglio misterioso affiora a pelo d'acqua a circa cento
> metri sul fianco destro, attenzione. Il comandante Nicola si alza di
> scatto dal suo lettino e corre semi-svestito a cercare l'altro
> ufficiale della nave: gli indicano la sagoma di un qualcosa di
> sospetto, scuro e sinistro, che si confonde con le onde e la nebbia.
> La confusione e la paura regnano sovrane. Lorenzo lancia lo sguardo in
> mare memore della passata brutta esperienza, ma un sospetto prende lui
> e progressivamente anche altri come lui. Nicola imbraccia una carabina
> e punta quell'oggetto strano e inquietante quando un marinaio, certo
> Stefano, nativo di Ventimiglia, grida: No! Si fermi comandante: è solo
> uno scoglio!. Allo sconcerto segue la sorpresa: non si tratta di
> un'insidia sottomarina tedesca, né di un siluro già lanciato a
> distanza con obbiettivo la nave. Serpeggia la curiosità e poi tutti,
> lanciando un sospiro di sollievo, si abbandonano ad una risata
> fragorosa. "Lorenzo, urla il comandante, stappa quella bottiglia in
> ghiacciaia! Ce la meritiamo: se non basta ne stappiamo un'altra e
> porta due gallette, visto che non c'è altro di meglio. Occorre
> brindare al falso allarme e soprattutto allo scampato pericolo. Ma
> anche questa volta abbiamo salvato la pellaccia!". Così mi narrava mio
> nonno Lorenzo tra una tirata e l'altra della sua vecchia e gloriosa
> pipa, riposando sotto i due grandi alberi di limone che donavano ombra
> e pace sulla collina che divide ancora oggi, con le sue distese di
> ulivi, Laigueglia ed Andora.
> tedeschi contro le potenze alleate. Le navi mercantili italiane erano
> state tutte militarizzate e così anche quella su cui navigava mio
> nonno Lorenzo, già reduce fortunato di un siluramento austriaco in
> Adriatico nell'estate del 1915. Lorenzo si era segnalato anche tra
> quanti avevano soccorso i naufraghi del Léon Gambetta, unità della
> marina militare francese, al largo di Santa Maria di Leuca nello
> Jonio, dopo un altro attacco austro-germanico. La rotta della nave da
> carico su cui nel novembre 1916 Lorenzo e altri marinai agli ordini
> del comandante Nicola Giribaldi, alassino purosangue, era alla volta
> di Brest, porto del Nord della Francia e avanzava tra immense cortine
> di nebbia che si alzavano quasi a coprire un cielo già grigio e
> solcato da gabbiani impertinenti. L'equipaggio era in allerta e il
> telegrafo di bordo continuava a sfornare notizie di siluramenti da
> parte dei tedeschi o di inviti alla vigilanza. Lorenzo di tanto in
> tanto tirava un po' di fumo dalla sua pipa acquistata in una delle
> soste italiane, più precisamente a Livorno, poi ridiscendeva in
> cambusa, preso com'era dal suo lavoro. Ad un tratto un grido si leva
> dal ponte: naviglio misterioso affiora a pelo d'acqua a circa cento
> metri sul fianco destro, attenzione. Il comandante Nicola si alza di
> scatto dal suo lettino e corre semi-svestito a cercare l'altro
> ufficiale della nave: gli indicano la sagoma di un qualcosa di
> sospetto, scuro e sinistro, che si confonde con le onde e la nebbia.
> La confusione e la paura regnano sovrane. Lorenzo lancia lo sguardo in
> mare memore della passata brutta esperienza, ma un sospetto prende lui
> e progressivamente anche altri come lui. Nicola imbraccia una carabina
> e punta quell'oggetto strano e inquietante quando un marinaio, certo
> Stefano, nativo di Ventimiglia, grida: No! Si fermi comandante: è solo
> uno scoglio!. Allo sconcerto segue la sorpresa: non si tratta di
> un'insidia sottomarina tedesca, né di un siluro già lanciato a
> distanza con obbiettivo la nave. Serpeggia la curiosità e poi tutti,
> lanciando un sospiro di sollievo, si abbandonano ad una risata
> fragorosa. "Lorenzo, urla il comandante, stappa quella bottiglia in
> ghiacciaia! Ce la meritiamo: se non basta ne stappiamo un'altra e
> porta due gallette, visto che non c'è altro di meglio. Occorre
> brindare al falso allarme e soprattutto allo scampato pericolo. Ma
> anche questa volta abbiamo salvato la pellaccia!". Così mi narrava mio
> nonno Lorenzo tra una tirata e l'altra della sua vecchia e gloriosa
> pipa, riposando sotto i due grandi alberi di limone che donavano ombra
> e pace sulla collina che divide ancora oggi, con le sue distese di
> ulivi, Laigueglia ed Andora.