Valentina Biasetti, dopo la mostra alla Galleria Lacerba di Ferrara

A Ferrara, fine primavera pre estate 2016, non solo mostre o eventi istituzionali di gran stoffa che confermano Ferrara anche città d'arte doc. Anche mostre laterali, innovative, importanti e creative, protagonista Lacerba bottega d'arte e galleria, a cura del pittore ben noto Alfredo Pini e nello specifico una giovane artista di Parma molto emergente nel panorama italiano contemporaneo, ovvero Valentina Biasetti. La pittrice, tra neoastrattistismo e postmoderno evoluto ha esposto a Lacerba da maggio a inizio giugno con la personale...PINK MOON.

Di seguito alcune note critiche extra (intervista da VOCE CREATIVA) sulla pittrice  GENTILMENTE INVIATECI dall'artista e dalla Galleria Lacerba.  (R.G.)


1) INTERVIEW


"PER VOCE CREATIVA" è un ciclo di interviste riservate – e dedicate – alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione, Giovanna Lacedra incontra Valentina Biasetti (Parma, 1979).

Il silenzio è un luminoso androne di passaggio. Serve a lasciare il mondo dei rumori e delle distrazioni per raggiungere quello della poesia e delle più intime percezioni. Per questa ragione, nelle opere di Valentina Biasetti, il bianco può restare tale. Perché è il ritratto di un silenzio mnemonico ed emozionale. Non deve essere riempito ad ogni costo, contiene già tutti i colori. È uno spazio di luce, indispensabile perché il viaggio accada. Valentina legge nella pittura un ponte tra questa realtà e un altro altrove. Subissato in noi stessi, non facile da raggiungere, ma pregno di magia. Il viaggio è quello individuale e può iniziare a partire dalla memoria. Per fare della pittura un viaggio, Valentina si avvale di una tecnica che chiama "necessaria" proprio perché non viene pianificata a priori. Al contrario, materiali e supporti sembrano quasi capitarle. Sono incontri, piuttosto che scelte. Può accadere, ad esempio, che un vecchio lenzuolo le racconti una storia. E allora, il suono raccolto nell'ordito di quello scampolo di memoria diviene la ragione della sua scelta. Successivamente  arrivano le figure: mille Valentine monocrome –  sovente irriconoscibili poichè colte in scorci prospettici arditi –, sembrano galleggiare  nello spazio bianco della tela. Talvolta guerreggiano con graffi incontrollati di colore, talaltra vengono inghiottite da un non-luogo che confina col biancore. La soglia di  passaggio, poi, è spesso un arcobalenico hula hoop. Che quell'altrove si chiami "infanzia"?

Scopriamolo attraverso le sue parole:

G.:  Chi sei e che donna sei?

V.: Valentina Biasetti.

 

G.: Quando, come e per quale ragione (se c'è una ragione)  una donna come te diventa un'artista:

V.: Penso che sia una questione di "odore": succede che ci si avvicina inspiegabilmente alle cose, alle persone e si fanno delle scelte per una banale affinità olfattiva. Io, per esempio, amo l'odore della pittura, delle matite appena temperate, della carta e della tela.

G.: Qual è stata la tua formazione?

V.:  All' Istituto d'Arte P. Toschi di Parma ho studiato Grafica Pubblicitaria, poi all'Accademia di Belle Arti di Bologna, Pittura, dove mi sono congedata con un Diploma di Laurea da 110 e lode; ma non sono i pezzi di carta che formano il carattere di una persona, tantomeno di un artista. Sono tutte le persone stupende che ho avuto l'occasione di incontrare e conoscere lungo il mio percorso: a loro devo il mio livello di formazione.

G.: La frase più demolente che ti sei sentita dire durante il tuo percorso di crescita artistica:

V.:  Non c'è frase più logora di un complimento fatto solo per convenienza o per educazione.

 

G.: La frase più incoraggiante che ti sei sentita dire durante il tuo percorso di crescita artistica:

V.:  Se il coraggio che può trasmettere una frase si traduce in spinta emotiva per andare avanti, penso che le frasi più incoraggianti siano state quelle più dolorose da accettare:

"Valentina, secondo me questo lavoro non funziona!"

 G.: Come vedi collocata la donna all'interno società contemporanea?

V.:  Se penso alla società come a una grossa bilancia penso che uomo e donna debbano avere un peso equivalente: nessun sentimento di onnipotenza o di rivalsa tra i due ma solo collaborazione. Ciò che fa la differenza e rende una società veramente all'avanguardia è l'Istruzione, la Consapevolezza dei doveri e la Stima reciproca tra uomo e donna.

G.: E come vedi collocata la donna all'interno del sistema dell'arte, oggi?

V.:  Rispetto a non tanto tempo fa ci sono stati dei progressi, quantomeno possiamo dire che esistono delle donne inserite nel sistema dell'arte, che lavorano e che sono davvero brave! Non mi piace fare paragoni con gli uomini: sarebbe di parte dire che noi donne abbiamo una marcia in più…

 

G.: Sei mai stata "invitata" a scendere ad un qualche compromesso ?

V.:  I compromessi sono all'ordine del giorno, ho imparato che bisogna stare sempre molto attenti a non tradire la propria natura e i sentimenti che stanno alla base del lavoro. In questo periodo per esempio sembrano essere in voga le "gallerie" che ti promettono la consacrazione al mondo dell'arte, se sei disposto a sborsare una discreta quota d'entrata, e sono anche magnanimi: ti consentono di rateizzarla! Fai anche qualche mostra con tanto di inserzione sui giornaletti, i lavori magari non sono un granché ma cosa importa? Paghi per sentirti dire: "Ma quanto sei brava!"Ora, io a questi compromessi non scendo! Sia chiaro, io ci metto il lavoro e la faccia. Il gallerista deve credere in me non nel  mio portafogli.

G.: Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

V.:  Fare un buon lavoro e (se lo vuole) costruirsi una famiglia. Gli stereotipi di chiara identità maschilista per cui, se vuoi fare carriera devi eliminare dai tuoi pensieri il fardello famigliare, sono roba da anni ottanta/novanta. Una donna, oggi, artista che sia, deve essere testimonianza che si possono far coincidere le cose: certo è più difficile.

G.: Una donna-artista che consideri un modello; perché?

V.:  Louise Bourgeois. Perché è Louise Bourgeois.

G.: Perché lo fai? Raccontami il senso del tuo fare "arte" e del tuo vivere di "arte":

V.:  " Stringendo i pugni per quelli come noi

che sono oppressi dai simulacri

della bellezza

ti sistemasti e dicesti

non importa

Siamo brutti ma abbiamo

La Musica."

(ChelseaHotel#2 – Leonard Cohen)

Questa frase l'ho scritta sul muro del mio studio e ho sostituito Musica con Pittura.

 

G.: Quali sono le tematiche della tua ricerca artistica? E perché?

V.:  Il Viaggio. Il mio lavoro vuole diventare  un ponte immaginario per un Luogo che chiameremo "Altrove": un Luogo svuotato dalle apparenze inutili della società attuale, un Luogo magico che ritroviamo solo nel  profondo di noi stessi.

G.: Quanto c'è di autobiografico nel tuo lavoro, e quanto di autobiografico riesci ad universalizzare?

V.:  Il mio sguardo è il mezzo per osservare tutto quello che mi circonda, il mondo passa attraverso il mio sguardo per poi essere tradotto in immagine. Le figure che rappresento nascono da autoscatti. Tutto questo è sicuramente molto autobiografico, ma questa abbondanza è necessaria per mettermi in relazione con chi osserva il  lavoro, per permettere al  fruitore di immedesimarsi  e concedergli il mio punto di vista.

G.: Quale desideri sia la reazione dei tuoi fruitori?

V.:  Curiosità e immedesimazione.

G.: Quale tecnica adoperi? Quale supporto?

V.:  Vorrei precisare la mia scelta di indicare "tecnica necessaria" piuttosto che tecnica mista, in quanto credo che utilizzando un supporto non standard, ma già carico di storie e poesie sia importante capire di volta in volta le tecniche o i materiali da utilizzare, proprio per non soffocarne le potenzialità.

G.: Come nasce un tuo lavoro (step by step) ?

V.:  Tutto parte da un momento di riflessione e silenzio. Poi arriva la parte più divertente e giocosa in cuicerco negli autoscatti il soggetto giusto sul quale lavorare. Parallelamente c'è la ricerca della tela: come ti dicevo non uso supporti standard ma di volta in volta cerco una stoffa o un lenzuolo che mi suggerisca una sua nota poetica. Quando tutto è pronto comincio con la matita ricercando un equilibrio di pesi all'interno del lavoro, successivamente il gesto e il colore distruggono questo equilibrio.

G.: Quali sono i tuoi riferimenti storici, gli artisti o le correnti hanno in qualche modo contaminato e influenzato il tuo lavoro?

V.:  Il mio lavoro è in continua evoluzione e fermento: mi incuriosisce tutto. Non mi voglio riconoscere in una corrente, mi affascina il Barocco, il Romanticismo tanto quanto la Pop Art, il Suprematismo e la Grande pittura Americana. Non mi piace etichettarmi, è il sentimento quello che conta.

G.: Ad ispirarti ci sono anche letture particolari? Autori, poeti, filosofi, musicisti… che riescono a "suggerirti" qualcosa per il tuo lavoro?

V.:  Dico i primi 10 che mi vengono in mente:Fernando Pessoa, Jorghe Luis Borghes, Mark Strand, Antonio Tabucchi, Tanizaki Junickiro, Josè Saramago, John Berger, Il Vangelo e i Vangeli Apocrifi, Fabrizio De Andrè, Patti Smith…

G.: Scegli 3 delle tue opere  e raccontacele:

1. PREGHIERE APOCRIFE (La Trasfigurazione) – tecnica necessaria su lenzuolo leggero. cm 100×150, anno 2013.

V.:  Preghiere Apocrife  cela  l'orazione di una preghiera bruscamente interrotta, un black-out nel momento in cui l'anima entra in contatto con la dimensione celeste: il gesto pittorico assume le sembianze di uno schiaffo,testimonianza di una violenza subita nel profondo. L'atto della preghiera non è interpretato in modo canonico ma si ricerca nella libertà dell'improvvisazione. Le figure che disegno si muovono nella solitudine di uno spazio vuoto, relazionandosi unicamente con il colore oil gesto pittorico.

 

V.:  MILONGA# mette in scena una danza passionale, un tango d'amore e passione  dove il colore diventa metafora di passaggio dal sogno alla veglia e dalla vita alla morte, ottenendo una propria identità fisica che decentra la sua esistenza al di fuori dello spazio pittorico comunemente inteso. Il colore diventa viaggio tra un "qui'" e un "altrove" non ben definito lasciato all'immaginazione dell'osservatore.

3. TESTAMENTO FORMIDABILE,7 – Tecnica necessaria su lenzuolo leggero, cm 50 x50, anno 2014

V.:  Testamento Formidabile  prepara il corpo  a un viaggio che ha il suo svolgimento nel tessuto più profondo dell'inconscio: nel sottosuolo dell'anima. In questo tipo di Viaggio il corpo con tutta la sua fisicità e presenza è consapevole di dover abbandonare i beni terreni e tangibili per trasformarsi in  "Altro da Sé" nella ricerca e nell'esplorazione di un Luogo misterioso e sconosciuto.Il Cerchio diventa simbolo magico del Luogo: soglia e metafora di passaggio. Il Cerchio è l'unica testimonianza che resta in eredità di questo Testamento bizzarro e segreto, per permettere ad Altri l'esperienza di questo Formidabile Viaggio.

G.: L'opera d'arte più "femminile" della storia dell'arte?

V.:  "Giovane con canestro di frutta"di Michelangelo Merisi detto Caravaggio.

G.: L'opera d'arte che ti fa dire : "questa avrei davvero voluto realizzarla io!"?

V.:  Una qualsiasi di Picasso, solo per un fattore economico.

G.: La critica peggiore che ti è stata mossa da un "addetto ai lavori":

V.:  La critica peggiore è stata la critica assente, ovvero quando non è stato detto nulla.

G.: Se non ti fossi scoperta "artista" cosa saresti diventata?

V.:  Avrei fatto un mestiere più remunerativo, i miei genitori sarebbero stati più felici: io sicuramente no.

G.: Work in progress e progetti per il futuro?

V.:  Lavorare, lavorare… e lavorare.

G.: Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore:

V.:  "Per noi l'arte è un'avventura in un mondo sconosciuto, che possono esplorare solo

  quanti siano decisi ad assumersene i rischi" (Mark Rothko)

Per approfondire:

https://www.facebook.com/pages/Valentina-Biasetti/167666696715109?ref=hl

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