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I cianobatteri non solo vivono, ma addirittura proliferano in presenza di luce di stella rossa nana e in assenza di ossigeno.
Un
altro passo avanti per cercare vita nell’Universo, grazie a uno studio
coordinato dalla prof.ssa Nicoletta La Rocca del Dipartimento di
Biologia dell’Università di Padova e condotto da un gruppo di ricerca
multidisciplinare che coinvolge biologi, bioinformatici, ingegneri e
astronomi.
Pubblicato sulla rivista «Frontiers
in Plant Science», lo studio Transcriptomic and photosynthetic analyses
of Synechocystis sp. PCC6803 and Chlorogloeopsis fritschii sp. PCC6912
exposed to an M-dwarf spectrum under an anoxic atmosphere dimostra per
la prima volta come cianobatteri esposti a condizioni simulate di
esopianeti con atmosfera anossica e illuminati da una stella rossa nana
mostrino buona capacità di crescita e di fotosintesi grazie ad una
specifica regolazione genica.
I cianobatteri sono microorganismi con un’origine molto antica. Sono apparsi circa 3,5 miliardi di anni fa, ed hanno sviluppato un processo metabolico rivoluzionario, la fotosintesi ossigenica, che ha cambiato profondamente l’atmosfera della Terra. Prima della loro evoluzione l’ossigeno era presente solo in tracce e solo grazie alla loro proliferazione aumentò portando al grande evento di ossigenazione (GOE) del nostro pianeta che generò la spinta per l’evoluzione delle forme di vita aerobie e complesse che attualmente conosciamo. I cianobatteri si sono probabilmente evoluti in ambienti protetti dalla radiazione UV, quando la nostra atmosfera era povera di ossigeno. Questi ambienti erano caratterizzati da poca luce visibile e un eccesso di luce rosso lontana (far-red) e ci sono evidenze molecolari che la prima forma di fotosintesi ossigenica utilizzasse proprio queste lunghezze d’onda. Solo successivamente, con la comparsa dell’ozono a proteggere dai raggi UV, i cianobatteri si distribuirono sulla superficie terrestre anche grazie alle loro capacità di adattamento nella raccolta della luce visibile. Nell’ultimo decennio, sono state scoperte alcune specie di cianobatteri che possono utilizzare la luce rosso lontana per la fotosintesi, in aggiunta alla luce visibile, attraverso un meccanismo chiamato Far-red Light Photoacclimation o FaRLiP, codificato nel genoma di queste poche specie.
Questi cianobatteri sono sembrati
degli ottimi modelli per poter studiare l’origine della fotosintesi
ossigenica sul nostro pianeta e anche la sua possibile efficienza in
condizioni che simulano l’irraggiamento di stelle che possiedono un’alta
emissione nel rosso lontano, come le stelle rosse nane. Queste stelle
sono di interesse astrobiologico, dato che sono molto abbondanti nella
Via Lattea, che la loro longevità potrebbe permettere un tempo
sufficiente per l’evoluzione della vita, e dato che molti studi hanno
dimostrato che intorno alla cosiddetta zona abitabile di queste stelle
orbitano esopianeti rocciosi simili alla Terra. «Nel nostro lavoro sono
state studiate le capacità di acclimatazione di due cianobatteri,
Chlorogloeopsis fritschii sp. PCC6912, capace di utilizzare la luce
rosso lontana (farred) in aggiunta a quella visibile per la propria
crescita, e Synechocystis sp. PCC6803, capace invece di utilizzare solo
la luce visibile per crescere – spiega Nicoletta La Rocca, responsabile
scientifico di due progetti finanziati dall’Agenzia Spaziale Italiana -.
Questi organismi sono stati esposti a una combinazione di tre spettri
di luce simulati (di stella rossa nana, solare, e far-red) e due
composizioni atmosferiche (terrestre e primordiale anossica).
Inizialmente è stata misurata la crescita, la produzione fotosintetica
di ossigeno e la composizione in pigmenti di questi organismi;
successivamente ne è stata studiata la risposta a livello
trascrizionale,
attraverso il sequenziamento dell’RNA, dopo esposizione a ogni
combinazione di spettro luminoso e composizione atmosferica.
In maniera sorprendente, l’atmosfera
priva di ossigeno non sembra impattare la risposta dei due organismi in
maniera significativa. I risultati mostrano come entrambi gli organismi
siano predisposti all’anossia e come la luce simulata di stella rossa
nana possa essere raccolta efficacemente e sia sufficiente per mantenere
un metabolismo simile a quello cui gli organismi sono esposti in luce
solare. Al contrario di Synechocystis sp. PCC6803, Chlorogloeopsis
fritschii sp. PCC6912 si è dimostrato capace di utilizzare la luce rosso
lontana
e ha mostrato di saper acclimatarsi alla luce simulata di
stella nana rossa attraverso una risposta specifica, codificata nel DNA
dell’organismo.»
Mariano Battistuzzi, assegnista di
ricerca presso il CNR-IFN di Padova e affiliato al Dipartimento di
Biologia UNIPD, primo autore del lavoro, sottolinea che «lo studio
presenta nuove informazioni molecolari sulle strategie di acclimatazione
di due specie di cianobatteri alle condizioni combinate di luce
simulata di stella rossa nana e composizione atmosferica priva di
ossigeno. I dati molecolari spiegano le osservazioni fisiologiche
indicando che specifiche acclimatazioni alla luce rosso lontana non sono
necessarie per sfruttare lo spettro di luce di una stella rossa nana.
Tuttavia, se la luce rosso lontana è disponibile, e il cianobatterio è
capace di utilizzarla, allora viene iniziata una risposta di
acclimatazione. Inoltre, l’assenza di ossigeno sembra impattare in
maniera minimale la risposta degli organismi, almeno nel breve periodo,
mostrando come i cianobatteri siano preparati in maniera ancestrale
all’assenza di ossigeno.» «Lo studio è stato eseguito utilizzando un
particolare setup sperimentale progettato e realizzato in passato grazie
alla collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di Fotonica e
Nanotecnologie (CNR-IFN) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)
dell’Osservatorio Astronomico di Padova. Il setup è costituito da un
simulatore di luci stellari che permette di riprodurre entro certi
limiti gli spettri di luce di diverse stelle, e una camera di
simulazione atmosferica in cui è possibile crescere microorganismi
fotosintetici direttamente esposti alle luci stellari.» afferma Lorenzo
Cocola, tecnologo CNR-IFN, fra gli autori del lavoro.