di Roberto Guerra
D - Giovanni, ormai nel caos del Grande Reset, post virus.... tra i rari intellettuali da sempre controculturali e ancora iper creativo, il tuo L'eco della Germania Segreta (Oaks), tra gli ultimi esempi... uno zoom sul libro?
R - Il mio ultimo libro, L'eco della Germania segreta. "Si fa di nuovo primavera" edito dalla OAKS, nasce da uno sguardo sconsolato sul presente epi-demico, non prodotto, come ingenuamente pensano in molti, dal diffondersi del virus Covid-19 ma, a mio giudizio, fase terminale di processi storici-politici-esistenziali impliciti nella storia e nel DNA delle democrazie liberali. Epi-demia, parola di origine greca, indica il "sovrapporsi" al popolo degli apparti delle democrazie che, progressivamente, dal 1945, hanno messo in atto, in un crescendo senza fine, l'espropriazione della sovranità popolare e delle libertà personali, trasformandosi, in un' inedita tipologia di governo illiberale, la Governance. Lo riconobbe, tra i primi, con lungimirante lucidità, il filosofo Andrea Emo, la cui voce tarda a farsi ascoltare nell'attuale dibattito centrato su false opposizioni (continentali-analitici, destra-sinistra, sovranisti-europeisti).
Dalle pagine del volume, come si evince dalla prefazione di Romano Gasparotti, il mitologema della "Germania segreta", sorto negli ambienti del Kreis di Stefan George, indica anche per la post-modernità il costituirsi di un'Europa possibile, sottratta al dominio dell'utile. Essa di fatto è l'Europa a cui guardarono, nel secolo XX, alcuni esponenti del pensiero di Tradizione e, ancor prima, molti autori di rilievo del pensiero pre-moderno ed anti-moderno. In particolare, nel libro mi occupo di cinque intellettuali tedeschi, Ludwig Klages, Stefan George, Karl Löwith, Ernst Jünger e Walter Benjamin, tentando di sottrarre la forza vitale delle loro proposte speculative-esistenziali alla vulgata imposta dal mainstream dominante.
Li leggo quali interpreti d'eccezione di un possibile Nuovo Inizio della storia europea, oltre qualsivoglia deriva, progressista o reazionaria, delle prospettive di filosofia della storia. Al centro degli interessi dei cinque pensatori, sia pure esperito in modalità diverse, sta il recupero della physis. Löwith pensò la Natura quale unica trascendenza possibile, oltre il dis-astro della storia, oltre l'esclusione moderna dell'uomo dalla dimensione cosmico-de-siderante. Una Natura bruniano-spinoziana, porosa, flessuosa, energetica ed erotica, nella quale il "pensiero" è in continua circolazione, determinando l'eterna primavera dionisiaca della vita. Ciò spiega il sottotitolo del volume, che è tratto da un componimento di George.
Ne, L'Eco della Germania segreta, tento di chiarire l'ubi consistam del mito di Orfeo: il theorein distinguente, centrato da Parmenide a Carnap sui principi dì identità e di non contraddizione, non è l'unica ed esclusiva possibilità gnoseologica cui dobbiamo guardare. Infatti, come riconosciuto con chiarezza da Massimo Donà, quando Orfeo, durante la risalita dall'Ade, guarda in volto Euridice "riconoscendola", la perde per sempre. Solo il canto della testa mozzata di Orfeo rianima la Natura. Gli alberi, i fiori e le montagne allora non gli apparvero più tali, ma sempre protesi ad un novum, dinamici, non staticizzati dal primato del concetto, esposti a sempre possibili ed imprevedibili "nuove primavere".
Tale pensiero, per definizione poietico, è fondativo di una visione "aperta" della storia, non deterministica, luogo, proprio come la physis, dell'irruzione dell'imprevisto. Spazio nel quale è possibile tendere "agguati" (l'espressione è di Giovanni Damiano) allo stato presente delle cose, nella tragica consapevolezza che l'origine può tornare a manifestarsi, oppure entrare nel definitivo oblio. Questo spiega la presenza nel volume dell'Appendice di Damiano. In essa lo studioso salernitano si occupa, in modo chiarificatore, dei rapporti Klages-Evola. Il libro è impreziosito dall'Introduzione del germanista Marino Freschi.
D - Giovanni a proposito di segreti, che cosa cela la dittatura quasi mondiale in corso?
R - Studiosi della provenienze culturali più diverse, hanno, fin dalla prima quarantena del 2020, cercato di mettere in luce i pericoli politici impliciti nell'epidemia e nel suo "controllo" sociale. Tra i tanti, vanno citati almeno gli illuminanti contributi in tema forniti da Giorgio Agamben, Aldo Maria Valli, Gianluca Montinaro, Gennaro Malgieri e Giuseppe del Ninno. Credo che, per comprendere quanto sta accadendo, sia necessario lasciarsi alle spalle le visioni "complottiste" che, come sempre, paiono spiegare tutto ma, proprio per questo, non spiegano un bel nulla. Sarebbe, al contrario, opportuno, come ho già detto più sopra, leggere gli eventi più recenti, alla luce delle degenerazione oligarchico-finanziaria delle democrazie liberali (Governance), i cui prodromi erano evidenti fin dalle scelte immediatamente successive al secondo conflitto mondiale.
Tali premesse epidemiche si fecero lapalissiane nella tormentata storia della costituzione dell'Unione Europea, per non dire dell'assunzione delle decisioni di indirizzo politico-economico di quest'ultima. Mi pare che il virus sia stata l'occasione che tali élites attendevano impazienti per uscire dal cul de sac nel quale erano andate ad impantanarsi a causa delle politiche di austerità, pauperiste ed espropriative della sovranità popolare. Le scelte liberiste, il controllo dei bilanci statali, sono falliti da tempo: quale occasione migliore per dare una sterzata radicale a tutto ciò, se non la pandemia da Coronavirus?
Ecco allora, in un lasso di tempo brevissimo, i medesimi padroni del vapore farsi paladini delle politiche della spesa pubblica, giustificate dalla necessità di determinare la ripresa post-pandemica e assai utili, peraltro, a sottrarre consenso politico ai "sovranisti", in una fase "emergenziale" che "impone" la riduzione delle libertà personali. La situazione è certamente difficile. Ma proprio come nelle corde dell'insegnamento di Löwith e di uno degli ultimi lasciti teorici del mondo classico, lo stoicismo: «non bisogna mai sperare, ma neppure disperare».
D - Giovanni, la cultura oggi è solo memoria per il futuro o certo Reset Finanziario... diventerà prima o poi un boomerang e molti giustamente faranno la fine dello Zar o di Luigi XIV?
In una fase come quella che stiamo attraversando è proprio alla cultura che bisogna guardare. Innanzitutto, per rafforzare gli strumenti atti ad interpretare il tempo presente ma anche per individuare modelli che possano ispirare un'azione politica mirata al superamento della attuale condizione di crisi, ripeto crisi della democrazia liberale, non semplicemente esito dell'epidemia in senso sanitario.
Spero che le pagine degli autori che ho attraversato nel mio libro siano utile viatico per comprendere che l'origine è, come rilevò Klossowski, sempre possibile, a condizione che gli uomini tornino a sentirsi, come diceva Nietzsche, non più oziosi turisti nel giardino della storia, appagati abitatori del nichilismo, consumatori-consumati dalle merce, in attesa di Redenzione o della fine del Kaly-Yuga, ma creatori, in sintonia con la physis, di nuove primavere dionisiache del mondo.
http://www.oakseditrice.it/autore-nome-cognome/sessa/
https://www.heliopolisedizioni.com/rivista-scuola-romana-di-filosofia-politica.html
http://www.bietti.it/author/giovanni-sessa/