Angelo Giubileo, Lettera di Parmenide a Ipparco


Caro Ipparco,
ti tramando notizia di questa più antica Dottrina - inerente alla cosiddetta via della luce, annotata sull'eptagramma che ha attraversato epoche millenarie -, ma sappi che è di qua il fuoco etereo vampante, utile, assai rarefatto, leggero, in sé del tutto omogeneo, altro rispetto all'altro; anch'esso però in se stesso notte cieca al contrario, forma densa e pesante.
Forse risalente a un tardo Paleolitico, circa 10.000 anni orsono, questa Dottrina - elaborata e divenuta comune presso diverse popolazioni - dice che Tutto è movimento e il Movimento è tutto. In ordine alla dimensione del Tempo, un moto perenne e in qualche modo sempre uguale a se stesso e per questo circolare.
Fu però subito chiaro a tutti come anche "gli Egizi" - in particolare per la testimonianza di Porfirio presso Eusebio (da G. de Santillana e H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi 2000) "non presuppongono nulla prima del cosmo visibile".
E dunque il Movimento riguarda il moto comune di ciò che noi Greci chiamano "enti", e cioè astri, dei, anime e cose. Così che, secondo il moto orario della Luna, comune al moto della Terra, Il Grande Viaggio procede per la Via ascensionale dalla Luna - attraverso le stazioni intermedie e in sequenza di Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno - al Sole. E giunti fin qui, immediatamente all'inverso, per la Via discensionale, secondo il moto antiorario del Sole - attraverso le stazioni intermedie e in sequenza di Saturno, Venere, Giove, Mercurio e Marte - Il Grande Viaggio procede fino alla Luna. E, come ti ho già accennato, questa medesima è chiamata la via della luce.
E così via, nuovamente.
Anche se ciò comporta l'ingresso in un'altra dimensione, variabile, al di qua di quella che potremmo dire viceversa fissa del Tempo, chiamata Spazio o, alla maniera di Platone, "l'Indisciplinato e l'Irregolare che resistono sempre alla mente" (Ibidem). Altro rispetto al Medesimo. Altro che, rispetto al Medesimo, comprende viceversa la presenza - impropriamente chiamata esistenza - di diverse e innumerevoli vie, altre.
Così che gli astri, gli dei, le anime e le cose mutino il proprio nome originario o, quanto ai medesimi, ne siano scoperti di nuovi; ma, secondo il più antico ordine del Tempo, sono sempre quegli stessi "dei che per il loro nome erano legati chiaramente a un determinato oggetto naturale o a una determinata funzione" (Otto Gruppe). E, a tale proposito, il dotto Ovidio dice bene: neu regio foret ulla suis animantibus orba, astra tenent caeleste solum formaeque deorum, cesserunt nitidis habitandae piscibus undae, terra feris cepit, volucres agitabilis aer (E perché non ci fosse elemento che non avesse i suoi esseri animati, gli astri e le forme degli dei occuparono le distese celesti, alle onde spettò di ospitare i lucidi pesci, la terra accolse i quadrupedi, l'aria cedevole gli uccelli. Metamorfosi, Einaudi 2015).
Di tutti costoro, Gilgamesh, re di Uruk, resta per tutti il più fulgido esempio. Non a caso egli fu detto "colui che vide tutto". Il medesimo che, secondo Giustizia, intese sperimentare una nuova via, pur raggiungendo in fine il medesimo approdo. Infatti, saggiamente conclude Anassimandro che da ciò da cui per le cose è la generazione, sorge anche la dissoluzione verso di esso, secondo il necessario; esse si rendono infatti reciprocamente giustizia e ammenda per l'ingiustizia, secondo l'ordine del tempo.
Turris clara
Annus Pisces 2146

ANGELO GIUBILEO