Da: Pierluigi Casalino
La reislamizzazione dell'Islam rappresenta un processo storico ed ideologico andatosi affermando dagli anni Settanta del XX secolo, ma che trae le origini dalla predicazione della fratellanza musulmana degli anni Venti e da movimenti sorti nel subcontinente indiano e in Medio Oriente all'indomani della prima guerra mondiale. Tale processo, cui non sono estranei errori e complicità dell'Occidente, soprattutto nel periodo della Guerra Fredda con il blocco sovietico, si è ingigantito fino ad assumere caratteri sempre più radicali, diffondendosi anche tra i musulmani emigrati fuori dal loro mondo tradizionale attraverso società di propaganda e di incitamento alla guerra santa e alla lettura politica del Corano. Il tentativo di arginare questa deriva in seno a molti Paesi arabi si è prevalentemente manifestato con l'apertura di scuole di stato delle professioni religiose e mediante il severo controllo di polizia e la contemporanea tolleranza (e in certi casi di incoraggiamento strumentale) delle forme esterne e delle abitudini popolari). La stessa lotta tra le influenze politiche nell'Islam globale ha reso il fondamentalismo un'arma di reciproca pressione tra stati arabi e musulmani, favorendo le diverse espressioni di islamismo militante. Non ultima considerazione è quella che lo stile di vita occidentale e il modo di vestirsi è stato vittima dei conflitti che hanno portato di volta in volta l'Occidente ad essere coinvolto nelle regioni islamiche, spesso ostacolando il nazionalismo laico postcoloniale (in Egitto ad esempio al tempo di Nasser) e attraverso la mancata soluzione del problema palestinese dopo la guerra dei sei giorni, con il conseguente rafforzamento del fronte del rifiuto, che ha assunto progressivamente caratteri religiosi se pur nel contesto del già citato confronto tra le potenze musulmane. Il nazionalismo postcoloniale aveva fatto della liberazione della donna uno dei capisaldi della rinascita socio-politica del mondo musulmano. Basta ricordare non solo l'Egitto o l'Iraq o lo stesso Msrocco e la Tunisia degli anni Cinquanta e Sessanta, ma anche L'Afghanistan e l'Iran che arabi non sono, dove i vertici politici avevano consentito aperture straordinarie di laicità e di costume. Oggi, in larga misura, dopo la crisi libica, solo il Marocco (solo in parte) e la Tunisia (maggiormente) non hanno ripudiato del tutto quelle riforme ardite, nonostante le influenze di origine arabica. La Turchia, dal 1997 in poi, ha visto un ripiegamento nel segno della fratellanza musulmana politica che apre scenari di incertezza anche nel quadro delle alleanze internazionali a cui Ankara aderisce. Uno scenario, quello della reislamizzazione dell'Islam, che si affermato e consolidato quasi in sordina e che ha ormai esteso le proprie radici in modo inquietante. La risposta non è facile a questa sfida. La Chiesa di Roma, non derogando ovviamente dai propri principi, porta avanti una discreta quanto efficace linea di dialogo, ben consapevole che le chiavi della soluzione del problema sono nella politica internazionale e nel dissociare il senso di appartenenza di quei popoli dalla necessità di ribadire l'universale richiesta di libertà di coscienza e di separazione tra il secolare e il confessionale, al fine di evitare antistoriche e grottesche guerre di religione. Tentativo non semplice data la posta in gioco come dimostrano certe recenti insensate reazioni in paesi di tradizione occidentale.
Casalino Pierluigi.