Anche l'Islam ha sofferto (e soffre nelle sue derive fanatiche e
visionarie, su interessati input di centrali statuali ben
identificate, peraltro) della mancanza di separazione tra il sacro e
il profano, tra il secolare e il confessionale. Anche se all'inizio
non fu proprio così. O per lo meno fu un po' diverso. E' vero che la
politica del solo Dio ebbe le sue conseguenze nella società musulmana.
Dato, dunque, che c'è un solo Dio, e i teologi di quella religione
insegnarono che tutto il mondo deve essere unito da una sola politica.
Era perciò un dovere dei musulmani impegnarsi in uno sforzo senza
sosta per far sì che l'universo accettasse i principi divini e creasse
una società giusta. L'umma, la Casa dell'Islam, era l'area sacra nella
quale era stata imposta la volontà di Dio, il resto dell'universo era
la Casa della guerra, l'area profana che andava sottomessa alla regola
di Dio; finché non fosse stato raggiunto questo obiettivo l'Islam si
sarebbe dovuto impegnare in uno sforzo militare incessante. Nella
pratica, tuttavia, questa teologia bellicosa (così cara
all'integralismo armato dei giorni nostri) fu messa da parte e divenne
lettera morta, quando, un secolo dopo la scomparsa di Maometto, fu
evidente che l'impegno islamico aveva raggiunto i limiti della sua
capacità espansiva e i musulmani instaurarono normali rapporti
diplomatici e commerciali con i loro vicini della Casa della guerra.
Ebrei, Cristiani, Zoroastriani non subirono pressioni affinché si
convertissero; i musulmani continuarono a mantenere l'antico
pluralismo religioso in Medio Oriente e impararono a coesistere con i
membri delle altre religioni che, secondo il Corano, erano antiche
rivelazioni perfettamente valide. Lo stesso declino e l'ascesa di
diverse dinastie nella vicenda dell'islam vanno considerate una
continuazione del dialogo con la storia. Un Islam quello di ieri
nemmeno lontano parente con le farneticanti concezioni dei moderni
profeti armati.
Casalino Pierluigi, 13.11.2015
visionarie, su interessati input di centrali statuali ben
identificate, peraltro) della mancanza di separazione tra il sacro e
il profano, tra il secolare e il confessionale. Anche se all'inizio
non fu proprio così. O per lo meno fu un po' diverso. E' vero che la
politica del solo Dio ebbe le sue conseguenze nella società musulmana.
Dato, dunque, che c'è un solo Dio, e i teologi di quella religione
insegnarono che tutto il mondo deve essere unito da una sola politica.
Era perciò un dovere dei musulmani impegnarsi in uno sforzo senza
sosta per far sì che l'universo accettasse i principi divini e creasse
una società giusta. L'umma, la Casa dell'Islam, era l'area sacra nella
quale era stata imposta la volontà di Dio, il resto dell'universo era
la Casa della guerra, l'area profana che andava sottomessa alla regola
di Dio; finché non fosse stato raggiunto questo obiettivo l'Islam si
sarebbe dovuto impegnare in uno sforzo militare incessante. Nella
pratica, tuttavia, questa teologia bellicosa (così cara
all'integralismo armato dei giorni nostri) fu messa da parte e divenne
lettera morta, quando, un secolo dopo la scomparsa di Maometto, fu
evidente che l'impegno islamico aveva raggiunto i limiti della sua
capacità espansiva e i musulmani instaurarono normali rapporti
diplomatici e commerciali con i loro vicini della Casa della guerra.
Ebrei, Cristiani, Zoroastriani non subirono pressioni affinché si
convertissero; i musulmani continuarono a mantenere l'antico
pluralismo religioso in Medio Oriente e impararono a coesistere con i
membri delle altre religioni che, secondo il Corano, erano antiche
rivelazioni perfettamente valide. Lo stesso declino e l'ascesa di
diverse dinastie nella vicenda dell'islam vanno considerate una
continuazione del dialogo con la storia. Un Islam quello di ieri
nemmeno lontano parente con le farneticanti concezioni dei moderni
profeti armati.
Casalino Pierluigi, 13.11.2015