L'attivismo degli ultimi due Presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, ha dimostrato – nell'eventualità che qualcuno nutra ancora qualche dubbio – che, nell'ambito del disegno della nostra Costituzione, il ruolo e la funzione specifica non sono affatto rappresentativi. Anzi, si tratta di un ruolo e di una funzione assolutamente decisivi per il funzionamento dell'intero sistema costituzionale.
L'attuale Presidente è in carica dal 3 febbraio 2015 e il suo mandato di durata settennale scade quindi all'inizio del 2022, tra poco più di 24 mesi. Pertanto, non si tratta di un orizzonte vicino; ma comunque impegnativo, considerato che la scadenza del mandato incide sia direttamente sull'attività del Parlamento, che non può essere sciolto nei sei mesi antecedenti alla scadenza medesima (cosiddetto "semestre bianco"), sia indirettamente sull'attività del governo, in carica o eventualmente nuovo.
Ancora: rispetto a una cornice di sistema costituzionale finora inalterata, la novità della prossima elezione potrebbe riguardare anche l'eventualità di una nuova maggioranza numerica che tenga conto dei diversi numeri del Parlamento fissati dalla più recente legge costituzionale (A.C. 1585-B) di riduzione dei rappresentanti a 400 deputati e 200 senatori. Tanto più che, non avendo superato la soglia dei 2/3 dei voti in sede di approvazione definitiva, la legge medesima è soggetta all'eventualità della conferma da parte di referendum popolare, senza quorum, a maggioranza dei votanti. E quindi esiste anche il rischio concreto di una mancata approvazione definitiva.
Questo, in particolare, spiegherebbe perché nell'attualità il tema dell'elezione del Presidente della Repubblica sia già all'ordine del giorno. Tanto che: se da un lato il "sovranista" e "nazionalista" Matteo Salvini ha mostrato di essere favorevole perfino all'elezione di una personalità come quella dell'"ultraeuropeista" Mario Draghi, dall'altro il segretario Nicola Zingaretti ha lanciato la candidatura della senatrice Liliana Segre operando una scelta di profilo che continua a orientare il Pd in chiave cosiddetta "antifascista". Ma: è fin troppo chiaro ed evidente che per entrambi e le parti che ora maggiormente rappresentano (centrosinistra e centrodestra), siamo soltanto alle schermaglie iniziali.
Cosa che, invece, per Matteo Renzi pare proprio che non sia così. Nell'arco di 25 giorni, il 24 ottobre e ieri 19 novembre, il segretario d'Italia Viva ha rilasciato due lunghe interviste al Corriere della Sera. Nella prima, egli dichiara che "il rischio elezioni non c'è. E altri verranno con noi". Così dicendo, egli aveva ribadito quanto già dichiarato allo stesso quotidiano ancor prima, il 19 agosto. Invece, nell'intervista di ieri, egli si mostra bensì preoccupato affermando che "andare a votare oggi significa regalare a Salvini il Paese, il Quirinale, i pieni poteri …". E quindi, almeno per ciò che a lui consti, che un pericolo oggi viceversa ci sia.
Ma, come abbiamo accennato, oggi è senz'altro presto per fare i conti in vista del Quirinale. E allora, cos'è che preoccupi davvero Matteo Renzi? A parte una strategia, qual è la tattica che egli oggi intende meglio perseguire?
Nell'intervista, il fiorentino insiste su un punto davvero sostanziale: la necessità di "sbloccare 120 miliardi di euro che sono fermi nei cassetti attraverso l'utilizzo di procedure straordinarie"! Confermando anche che secondo il Pd "questi 120 miliardi non ci sono". Ma: essendo ormai nota a tutti almeno l'enorme difficoltà del governo a reperire risorse necessarie in vista della prossima Legge di Stabilità, l'ipotesi che i 120 miliardi non ci siano appare in effetti assai più verosimile. Si aggiunga inoltre la circostanza che l'intervento di ArcelorMittal a sostegno dell'ex Ilva di Taranto preveda un finanziamento da parte dell'azienda di circa 4 miliardi, e cioè una cifra pari ad appena 1/30 della somma che viceversa Renzi sostiene possa trovarsi già nell'eventuale disponibilità del governo.
All'inizio della scorsa settimana, la Commissione Bilancio della Camera dei deputati ha bocciato due emendamenti presentati da Italia Viva concernenti la reintroduzione dello "scudo penale" in relazione all'attività che ArcelorMittal dovrebbe svolgere per il funzionamento dell'ex Ilva. A precisa domanda della giornalista del Corriere della Sera: Che succederà se un emendamento di Italia Viva sarà approvato con i voti dell'opposizione? il senatore Renzi è stato evasivo, affermando che "i problemi alla maggioranza non stiano venendo da Italia Viva", ma in pratica dai Cinque Stelle e dal Pd. Resta pertanto l'incognita.
Angelo Giubileo