Nel suo discorso, Parmenide salvaguarda una duplice apparenza degli enti o cose (cfr. G. de Santillana in particolare in Fato antico e fato moderno ). Secondo la mente, e quindi il discorso dell'intelletto, l'essere è e non può non essere; e invece, secondo i sensi, e quindi il discorso delle opinioni, l'essere è illusorio. L'analisi del divino - secondo i più antichi progenitori (così li chiama Aristotele nella Metafisica) - riguarda "ciò da cui" ovvero il mistero o meglio l'ignoto che racchiude interamente la materia o natura , così come anche noi stessi oggi l'intendiamo. E quindi, in definitiva, la fisica quale dimensione dell'essere che appare (alla mente e ai sensi) nel tempo. E infatti, il detto originario di Anassimandro dice: Ma da ciò da cui per le cose è la generazione, sorge anche la dissoluzione verso di esso, secondo il necessario; esse si rendono infatti reciprocamente giustizia e ammenda per l'ingiustizia, sec...