martedì 23 febbraio 2016

NeverWas Radio: E. J. Pilia and Transhumanism interview

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Ci fonderemo con la tecnologia? Diventeremo immortali? Intervistiamo Emmanuele Pilia, direttore esecutivo dei Transumanisti Italiani! Parleremo anche di Usa e altro. E ovviamente come sempre la rubrica di GeopoliticalCenter! Alle 22 con Equilibrium Network!
ASCOLTACI SU: www.neverwasradio.it

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www.transumanisti.it





domenica 21 febbraio 2016

E' scomparso il grande Umberto Eco, semiotico e scrittore postmoderno doc

*Nota di R. Guerra: al di là del saluto/ricordo affettuoso di seguito di Vittorio Feltri, un poco troppo alla rovescia ideologico pur brillante (bellissimo il titolo però...) ,  con Eco scompare uno dei pochi veri intellettuali italiani capaci di captare il futuro e  - a ben vedere - trascendente qualsivoglia zavorra politichese...  Oltre Eco, mere contingenze certe sinergie a volte discutibili con certa già  fu sinistra:  Eco come ricercatore scientifico  ha importato e reinventato e divulgato la nascente Linguistica dei segni e poi semiologia o semiotica....  Il solo "Apocalittici e Integrati"  resta tutt'oggi una password per un futuribile nobile e virtuoso evoluto,  la fine del novecento ideologico stesso  tutto italiota; ulteriormente "La Struttura Assente"... già decenni fa  illustrava la fine di qualsiasi riduzionismo conoscitivo e metapolitico, la complessità come nuovo scenario e mappa polare di riferimento e  "navigatore" per googlare con cognizione di casa e e effetto e  oltre...  i territori ignoti o in riformattazione del nostro tempo.   Tutta la sua opera ha consegnato al museo della televisione naturale, troppo facili persuasori occulti, liberato la nuova cultura mediatica e pop  da analisi adorniane (ancora dominanti in Italia ) non banali ma inflazionistiche e ridondanti, molto altro dopo la Televisione e gli stessi cartoni animati.  Feltri stesso ad esempio esagera, Eco non  demolì  Mike Bongiorno, al contrario  lo incoronò come esempio di televisione nuova e propulsiva; un saggio di Eco sui Puffi, poi, resta memorabile, sembrava una dissertazione sulla teoria delle stringhe, pardon striscie, un universo parallelo di alieni puffi reali!  Come scrittore, poi, Eco  con Il Nome della Rosa e non solo,  il vero vertice del Fantastico italiano e di ulteriore altitudine mondiale:  altro che noirismo o  fantastorico all'italiana,  Eco poetico  prima del grandissimo transumanista Dan Brown,  dopo Calvino in Italia e non solo, Umberto Eco  il vero principe fantacosmico felice, altro che imperatori veggenti nostalgici degli zar o wuminghiani autoimplosi in fantasmi. E già da domani, il nome .. Umberto Eco  è il Segno della Rosa nella storia della comunicazione e  della cultura rivoluzionaria contemporanea!

*fonte Il Giornale   Vittorio Feltri

Eco, un intellettuale sempre organico (ma solo a se stesso)
La livella arriva per tutti e non ha risparmiato neppure Umberto Eco, morto in casa propria a 84 anni, dopo aver inanellato una serie impressionante di successi editoriali che lo hanno reso famoso nel mondo. Il suo romanzone Il nome della rosa è stato tradotto in un centinaio di lingue e ha venduto 12 milioni (14 secondo qualcuno) di copie, quante ne bastano per arricchire un autore.Se si aggiunge la diffusione notevole di altre sue opere, ad esempio Il pendolo di Foucault, si arriva a una montagna di volumi. Non vogliamo fare i conti in tasca a Eco, ma solo ricordare che egli è stato un intellettuale importante per la cultura italiana del dopoguerra. Non piaceva a chiunque lo avesse letto, ma ciò è normale.
Come sempre, anche nel suo caso era ed è la politica a dividere il pubblico tra estimatori e detrattori. Le mode culturali contribuiscono in modo decisivo ad innalzare un uomo ai vertici della considerazione popolare o a farlo sprofondare negli abissi del disprezzo. Umberto è stato bravissimo nella scelta di campo utile a portarlo sull'Olimpo. Pur essendo stato cattolico all'inizio della carriera, non ha esitato a diventare miscredente e a schierarsi a sinistra in tempi in cui i cristiani erano democristiani, cioè gentucola conformista, mentre i laici erano comunisti e quindi degni della massima stima.
Non affermiamo che Umberto sia saltato da una sponda all'altra per opportunismo. Probabilmente si è limitato a seguire la propria indole di uomo del giorno. Ma il sospetto rimane, visto che il passaggio da qui a là gli ha giovato parecchio in termini di consenso e di incasso. I laici progressisti negli ultimi 60 anni hanno goduto di grandi agevolazioni: porte aperte, buona stampa, elogi sperticati della corporazione dei cosiddetti intelligenti. Giuseppe Berto, grande scrittore che negli anni Sessanta vinse per sbaglio il Campiello con il Male oscuro, romanzo contro la psicoanalisi, fu dimenticato (e schifato) in fretta, perché genericamente di destra, ossia ostile alle ideologie correnti e di maggior presa nel periodo in cui i suoi libri erano in commercio. Quando tirò prematuramente le cuoia non fu celebrato adeguatamente. Lo stesso dicasi per Giuseppe Prezzolini, snobbato poiché conservatore dichiarato. Vabbè, niente di nuovo né di sensazionale.
Eco, a differenza di costoro, condannati al silenzio e all'oblio, seppe inserirsi nel filone giusto riuscendo a suscitare l'attenzione e l'approvazione nei contemporanei affascinati dall'eurocomunismo inventato da Luigi Berlinguer, una teoria fantasiosa eppure in grado di sedurre circa la metà della beota popolazione italiana. Fu bravo a intuire la strada da percorrere per giungere in vetta al gradimento dei cittadini sedicenti illuminati. Ciò non toglie alcun merito allo scrittore alessandrino, anzi accresce la misura della sua abilità di intellettuale (quasi) organico.
Umberto non è mai stato contestato da nessuno che avesse i titoli per farlo. Lui stesso a un certo punto confessò che Il nome della rosa, nonostante il boom delle vendite (qualcosa di straordinario) era il suo peggior romanzo. Non saprei dire se avesse ragione o torto; sta di fatto che questo era il suo pensiero, almeno quello manifestato con stupefacente franchezza (a cui sarei portato a non credere). Eco, coerentemente con le posizioni acquisite negli anni della maturità, ha collaborato con l'Espresso e la Repubblica, sui quali ha scritto articoli memorabili, che hanno immancabilmente fatto scalpore.
Egli assurse ancor giovane (relativamente) al ruolo di maître à penser, ascoltato e lodato dai compagni di ogni risma. Bisogna dargli atto che non è mai stato banale nelle sue osservazioni. Filosofo, semiologo, linguista e professore universitario, egli fu protagonista di un episodio storico. Dopo aver collaborato assiduamente con Lascia o raddoppia?, il primo programma televisivo della Rai d'antan, Umberto scrisse un saggio clamoroso in cui faceva a pezzi il conduttore della trasmissione: Mike Bongiorno. Un'impennata che rivelava appieno la personalità dello scrittore scomparso, uno che faceva e disfaceva con sorridente e irridente disinvoltura.
Ebbi anch'io con lui un garbato scontro. Io sostenni che la destra si era impoverita perché tutti gli intellettuali destrorsi, dal 25 aprile 1945 in poi, si erano trasferiti armi e bagagli nella sinistra, cambiando bandiera senza battere ciglio. Era la verità. Ma Eco mi rispose che i voltagabbana non erano tali in quanto non fascisti, bensì esponenti della destra storica. E avevano semplicemente mutato idea. La sua mi parve una stupidaggine. Ma lui era lui e io ero io. Una replica alla marchese del Grillo. Niente di serio.Vittorio Feltri



Oriente e Occidente: dalla poesia arabo-andalusa a quella trobadorico-provenzale

 
> > Casalino Pierluigi, 20.02.2016
> L'ideale cortese si sviluppò nel Sud della Francia, dove fioriva una
> società aristocratica ed ed elegante, per la quale anche il prestigio
> letterario ed artistico aveva un ruolo decisivo. I poeti provenzali,
> detti "trovatori", erano di diversa estrazione sociale, ma erano
> accomunati dalla vita di corte dove, grazie al generoso mecenatismo
> dei signori, potevano comporre per un pubblico d'élite. La concezione
> provenzale o trovadorica trovò espressione nella poesia lirica.La
> lirica, che deriva da lira, lo strumento con cui il poeta accompagnava
> il suo canto spesso affidato agli stessi compositori oppure a degli
> interpreti itineranti, detti giullari,che andavano a trasmettere di
> corte in corte le creazioni trobadoriche. La lirica provenzale era
> scritta in lingua d'oc, veniva canta in pubblico con l'accompagnamento
> musicale. Dal punto di vista formale la lirica provenzale appariva
> molto ricca ed elaborata tanto da diventare difficilmente
> comprensibile, ed era destinata alla trasmissione orale. C'è chi
> collega le origini della lirica provenzale alla tradizione classica
> latina e chi, invece, la fa risalire alla poesia arabo-andalusa.
> Studiosi come il Menendez-Pidal sostengono questa tesi anche in
> ragione dei contatti fecondi tra la Spagna islamica e l'Europa latina,
> aldilà dei momenti conflittuali. Nell'intreccio artistico e anche
> musicale (per non dimenticare i crescenti rapporti filosofici ed
> intellettuali che influenzarono anche Dante) di queste due regioni del
> mondo medievale si rinvengono elementi di una così straordinaria
> ricchezza culturale e creativa che sono ancora suscettibili di
> approfondimento nel contesto di un dibattito aperto e tuttora in
> corso: un punto su cui si sta sviluppando un rinnovata ricerca in
> questi ultimi anni; ricerca che muove dalla dimensione mozarabica per
> arrivare al volgare romanzo. Se, infatti, fino a più di un secolo fa
> l'esistenza di frammenti lirici in volgare romanzo precedenti le prime
> attestazioni liriche trobadoriche era soltanto una supposizione, pur
> con le dovute precisazioni la scoperta e l'analisi delle "hargiat" ha
> portato alla luce un universo letterario in larga misura poco noto.
> Nella liberazione da pregiudizi letterari e etnocentrismi si va
> configurando negli studi recenti la chiave di volta per la risoluzione
> di un enigma letterario, i cui elementi hanno interrogato ormai più di
> una generazione di critici e la cui natura continua a suscitare
> interesse e stupore. Non è un caso che si senta vibrare nelle
> composizioni trobadoriche, ma anche in altri passi della poesia
> europea del tempo molti versi di Ibn Quzman e di Al-Mutamid. Per
> concludere non si dimentichi in questa vastità di relazioni si cala
> anche la non mai abbastanza discussa questione delle fonti o degli
> influssi delle fonti islamico andaluse della Divina Commedia di Dante.

Monica e Monique, doppio ossimorico

*COSIMO DINO-GUIDA - Monica e Monique (NETtarget, 2016)

Il doppio è argomento affascinante, materia da manipolare per creare storie, per plasmare situazioni in cui tutto può essere ciò che non appare. Il tema dell'alter ego ha ispirato poeti, novellieri, registi e pittori.
Il 23 giugno 2003 la società americana Linden Lab, ha lanciato l'idea di Second life, un mondo virtuale, elettronico digitale in cui ogni soggetto può creare un avatar tridimensionale che può fare acquisti virtuali con il Linden Dollaro, partecipare ad attività, lezioni, mostre, scattare fotografie, scambiare beni con altri residenti di questo mondo virtuale. Così ognuno è libero di crearsi il perfetto alter ego, di proiettarsi in un mondo surreale in cui si può essere ciò che si vuole e che non si riesce ad essere nella vita reale.
L'alter ego virtuale è un po' come la religione, nasce da un bisogno, un disagio con se stessi, dal dolore di non riuscire, di non avere, di essere vuoto a perdere e di non poter bucare lo schermo del mondo reale con la propria personalità. L'ego non è sufficiente, occorre un supporto, un aiuto, occorre rendere se stessi come Dio, avere potere di fare, almeno nel mondo virtuale... L'essere umano è curiosamente complicato.
E, come si è detto, le possibilità di duplicazione dell'ego affascinano da sempre i narratori.
"Monica e Monique" di Cosimo Dino-Guida, fin dal titolo si rivela gioco sottile, in cui il nero diventa bianco che a sua volta è nero con sfumature di grigio, anche se ad un primo sguardo sembra immacolato e puro. La materia sfugge. L'uomo non è un monolite, come canta Battiato in "Scherzo in minore": "non è pietra di tungsteno e cambia spesso proprietà, uccide sempre a tradimento con veleno di invidie e di infedeltà". L'inconscio cela perversioni dunque, malattie dell'anima, mostri che la veglia reprime e che si aggirano nel buio. L'autore, in una sintesi ossimorica di opposti e identificazioni dipanantesi in due atti, rievoca l'antico simbolo del libro dei mutamenti per il quale in ogni bene ci sarebbe un po' di male e viceversa.
E le protagoniste di questa pièce alternano luce e oscurità a dimostrazione del fatto che ogni creatura umana è grigia, un impasto di buio e tenebre.
Lo stereotipo viene spezzato, l'etichetta buono-cattivo, è sovvertita, in nome di un'analisi più profonda, genuinamente eviscerativa dell'essere.
E in questo senso "Monica e Monique" può essere intesa con afflato destrutturalista, laddove destrutturalismo indica la demolizione del comune buon senso, dei bollini che la società impone ignorando la natura istintiva dell'uomo. Il super-ego ordina, l'uomo dovrebbe ubbidire, in modo che tutto possa essere regolamentato, catalogato, inquadrato in un preciso sistema di causa-effetto. Però il potere spesso ignora l'istinto, base ineliminabile nell'uomo e nella donna. L'istinto produce conseguenze, rimescolamenti della coscienza, emerge dalle tenebre dell'imposto per implosioni non sempre positive. La vera natura prima o poi viene fuori, eludendo i mascheramenti super-egotici, eludendo le convenienze, la sintesi meccanica e fredda della buona educazione borghese. Il termine "brava ragazza", comunemente usato dal benpensante medio con tendenza a scandalizzarsi, assume così una sfumatura d'ironia nella sua metamorfosi in oscenità perversa, in boccacesca sintesi un poco tragica perché fa riflettere su come va il mondo, un poco brillante perché l'ironia che la sorte offre fa sorridere anche se amaramente.
E se in "Monica e Monique" la prostituzione assume sfumature differenti nelle due protagoniste, riuscendo nell'una ad uccidere anima e onestà, mentre la sana coscienza dell'altra, resiste e si rafforza nel finale, l'autore riprende il tema nel racconto "Vico Lungo Gelso" che chiude il libro.
Qui il tema del meretricio è associato a quello della morte. Il linguaggio è semplice, ma denso. Il secco dialogo finale che chiarisce gli accadimenti con efficace sintesi, è come un colpo di frusta ben assestato sui fianchi del piacere che il protagonista avrebbe potuto provare.
E quel buio che l'autore cita più volte all'inizio del racconto, mentre il protagonista cammina verso il piacere, è come un'anticipazione tragica e fredda dell'oscurità che segna la fine.
Del resto l'associazione tra Eros e Thanatos nel loro dissidio cosmico, è antico, se già Empedocle ne disquisiva ampiamente trattando di Phìlia e Neikos, rispettivamente amore e distruzione.
Scrive Massimo Fagioli in "Istinto di morte e conoscenza": «l'istinto di morte costituisce la matrice dello sviluppo della vita psichica... Concettualizziamo cioè la creazione dell'immagine come fusione dell'istinto di morte con la libido...»1. La fantasia di sparizione concettualizza le possibilità libidiche dell'uomo. La tendenza al ritorno verso il buio, a chiudere gli occhi, sparire e far sparire si traduce nella rimembranza dell'oscurità uterina, quando l'unico contatto con il mondo è rappresentato dalle sensazioni tattili-libidiche. La morte è il ricreare il se stesso fetale con la realizzazione inconscia di libido-tatto-piacere, un regressus ad uterum in cui le matrici perinatali trovano compimento e giustificazione.
La prostituta, che fa commercio della propria carne, è in Vico Lungo Gelso l'agente tra morte e libido, tra piacere e annullamento del sé. Del resto nello stesso atto sessuale esiste il momento sintetico del confondersi, dell'annullarsi, come un obnubilamento di coscienza, un ipnotico perdersi per poi riaversi. In questo caso però arriva il dialogo cesura che avverte premurosamente il lettore, con realistica e tragica evidenza, sì, lo avverte che quel perdersi, quell'ipnosi è arrivata fino alle estreme conseguenze, fino alla distruzione totale degli atomi del corpo. Anche qui il termine "brava ragazza", assume un sapore lievemente umoristico, come una beffa nelle chiacchiere dei bene informati. Anche se incastonata in un contesto tragico, l'espressione sottolinea l'aleatorietà dei punti di vista, i balzelli della morale, che muta a seconda delle circostanze, delle persone e dei tempi.
Sicuramente un libro da leggere perché va oltre la parola scritta, esulando da banalità preconcette, luoghi comuni e déjà vu tipici di tanta produzione teatrale che più che creare nuova materia, manipola quella già esistente, cambiando magari i nomi dei personaggi, gli sfondi, ma ripetendo lo stesso cliché. Una storia originale, scorrevole, densa e sottile, da leggere tra le righe, scritta con accuratezza, con la precisa consapevolezza dei tempi scenici e delle giuste pause.  (M. Blindflowers)



1M. Fagioli, Istinto di morte e conoscenza, L'asino d'oro, 2010, Roma, pp. 136 e ss.




Ferrara, la Carife del Partito e l'accanimento terapeutico

di Benito Guerrazzi
Di questo passo  tornerà a tuonare anche il vescovo pare uscente Negri ma per questioni bioetiche paradossali...  L'affaire Carife dopo ennesimi postumi  di ciarla non stop e simulacri non stop e  pseudodossier non stop della mai illuminata stampa local, esita  ufficialmente come INSOLVENZA E BANCAROTTA PROSSIMO VENTURA....  Insomma  tutto il bla bla  e proprio dei probabili principali responsabili, leggi vertici delle ultime gestioni, del PD in primis (e non a caso), persino di sportellisti non necessariamente innocenti, secondo il celeberrimo ormai carattere ferrarese passatista e da scemi del villaggio -  di  balbettare quando i buoi sono scappati persino nel ciberspazio (e sempre quello il copione  dal Palazzo degli Specchi ai parcheggi a pagamento di Cona Hospital  al crac già annunciato dell'ex polo chimico...ecc. ecc. )  si scontra definitivamente con il sano PRINCIPIO DI REALTA'.
Appunto è stato ed è ancora solo un accanimento terapeutico per un corpo organismo LA CARIFE morta e sepolta da anni,  in quanto non organica figurarsi spirtuale, persino non attinente alla bioetica fondamentalista!
Ora le prospettive  parrebbero almeno verso la logica conseguenza di una Banca fallimentare per azioni concrete di vertici fallimentari (e non solo) e quindi  sacrosante azioni giudiziarie... Ma si sa,  qua domina una X  ben nota, anche se ancora una volta  tutti a Ferrara fingono di non sapere.  Perchè  - e lo sanno anche i bambini con i loro piccoli a suo tempo libretti bancari baby donati dai nonni al  loro X compleanno,  la CARIFE  è SEMPRE STATA la banca del Partito!  Quando le regioni rosse erano quasi un fiore all'occhiello e funzionavano, era di Berlinguer e  Lama,  lo scrivevano persino i giornali, naturamente come esempio di alternativa comunista e benessere vincente rispetto al già malaffare democristiano borghese!  La Carife a  Ferrara  ha finanziato tutto, tutta una città per decenni e decenni, più o meno bene fino ad un certo punto, poi, riflesso della fine del PCI e della sinistra novecentesca per forza di cose e storia, sempre più male: dal Palazzo degli Specchi a  Cona  Hospital eccetera eccetera,  a tutto l'associazionismo anche culturale,  relativamente grande ma anche a volte  quasi ridicolo, per riviste quasi amatoriali...,  a volte ancora per quasi tutto quel che ancora funziona un poco,  Palazzo dei Diamanti mostre e certa eccellenza culturale. In ogni caso al passo con l'era della Finanza Rossa e del sistema Coop sempre più manageriale e post berlngueriano (e a Ferrara postsoffrittiano - che funzionava...) , meglio per chiarezza antiberlingueriano,  sempre più virusizzato da diversamente mafie e  malaffare, era di Unipol e di Monti Paschi di Siena e  finanza sociale diversamente creativa affine...  Se non fosse per il disastro epocale  e la pre-morte annunciata per la Ferrara del futuro, destinata a rimodularsi o in decente villaggio elettronico (con svolte radicali, altro che città d'arte alla pari con Venezia o Firenze ecc.) o più probabilmente a implodere in borgo multietnico di Bologna o Modena...   sembra una favola del paracompagno Bulgakov... o  una nuova del poeta imperatore veggente R. Pazzi...
Riassumendo,  oltre ai vertici  della fu Carife in sè  dovrebbero ben colpire generazioni di vertici postPCI  local ma anche nazionali...  Ma se neppure i giornalisti osano scriverlo,  il copione è già prevedibile,  tra omertà  consolidate, condizionamenti politici e della magistratura tutti in toga rossa o quasi, diversamente prescrizioni, garantismo democratico per politicanti e vertici gestionali...

Ferrara, Darwin Day X edizione

fonte estense com  giovedì 18 febbraio alle 21 presso museo di storia naturale (via De Pisis 24)  la prima conferenza della decima edizione del "Darwin Day Ferrara", ciclo di incontri promossi dal museo di storia naturale di Ferrara e dal dipartimento di scienze della vita e biotecnologie dell'università di Ferrara, con il patrocinio dell'associazione nazionale musei scientifici (Anms) e della società italiana di biologia evoluzionistica (Sibe).

La serata, ad ingresso gratuito, a cura di Franco Andreone (Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino ) e  incentrata su "Madagascar Megadiverso: appunti e note sulla biodiversità e la sua conservazione" con canzoni di Olga del Madagascar.

Gli organizzatori: l Madagascar è terra dove l'esplorazione e la scoperta della biodiversità è ancora possibile, ma si associa al bisogno della popolazione umana di uscire da una crisi ecologica ed economica. Franco Andreone, zoologo al museo regionale di scienze naturali di Torino e Chair dell'Amphibian Specialist Group per il Madagascar, esplora le foreste dell'isola da oltre due decenni, con occhio attento alla conservazione della natura e alle tradizioni che accompagnano la cultura malgascia. Marie Olga Sohantenaina, in arte Olga del Madagascar, è originaria del nord-est del paese, dove il taglio illegale del pregiato palissandro sta ferendo le sue ultime magiche foreste. Olga è cantante ambientalista e ha realizzato due album per celebrare la bellezza e i contrasti del Madagascar. L'incontro unisce immagini e considerazioni scientifiche a canti e musiche per la natura.

Ferrara, Paolo Giardini patafisico sullo scandalo parcheggio di Cona

fonte  ESTENSE COM

W il parcheggio a pagamento di Cona

Gentile Direttore,
basta con le lamentazioni! A leggere i giornali sembra che l'ospedale di Cona sia diverso da quanto promessoci dalla Stanza dei Bottoni. Il che non è affatto vero!
I nostri abituali amministratori hanno fatto costruire la struttura campestre a loro immagine e somiglianza, ma nel pieno consenso popolare. Gli archivi dei giornali sono zeppi di articoli che puntigliosamente testimoniano i dettagli della gestazione, parcheggi compresi.
Non è mai stato un mistero che fra le condizioni sine qua non per raggiungere l'apoteosi del cartongesso sanitario c'era pure il parcheggio a pagamento.
Allora, perché mai i ferraresi dovrebbero trovarsi esenti da oneri nel posteggiare a Cona?
Non valgono più le percentuali bulgare di riconferma a sindaco dello stesso Tagliani che si recò presso tutti i Circoli Anziani a promuovere i benefici della deportazione ospedaliera? Cercando il pelo nell'uovo, l'unica critica che gli si può fare è quella di non aver colto due piccioni con una fava: se, contestualmente alla strenua pubblicità per l'ospedale di Fondo Morte, Tagliani avesse caldeggiato anche l'acquisto in massa di obbligazioni CARIFE, Ferrara sarebbe rimasta poverissima come adesso, ma con un tasso di soddisfazione decisamente più elevato, prolungando di qualche anno la vita della banca C'è molta differenza psicologica fra il possedere titoli, sia pure "temporaneamente" inesigibili, e la certezza del nulla.
Tornando alla questione, il parcheggio a pagamento, contribuendo a saldare i debiti contratti, è da considerarsi opera meritoria. Ringraziamo Tagliani: più alta è la tariffa, più il merito cresce.
Infine, va premiata l'intelligenza profusa nei parcheggi. Quell'ospedale è argutamente ubicato nel punto basso di una grande conca campestre, ma i parcheggi sono stati innalzati di due metri dal piano campagna: quando a Cona arriverà una bomba d'acqua, le auto ivi parcheggiate saranno le uniche cose al sicuro dall'inondazione. Quel giorno, il ticket varrà più di un'assicurazione! Sarà un piacere averlo comprato.
Paolo Giardini

Luca Oleastri-Eliza-AI vintage...

 1966 VINTAGE AI...   Luca Oleastri Amministratore Esperto del gruppo in Letteratura di fantascienza   · s n e o p r d S o t 8 0 g 8 2 f m 6...