La collana Long Stories SF delle Edizioni Scudo ospita il nuovo romanzo di Giovanni Mongini Il decano della fantascienza, autore di uno sterminato numero di saggi e romanzi indimenticabili, con Questa isola Terra, non smette di sorprendere il pubblico degli appassionati
Descrivere in poche righe che cosa Giovanni Mongini rappr-esenti per la fantascienza italiana è estremamente difficile. Scrittore, saggista, produttore e critico cinematografico, più volte premio Italia, ha saputo spaziare in tutte le categorie del genere divenendone uno dei massimi esperti a livello internazionale.
Lo si potrebbe definire l’uomo delle stelle, per la viscerale inclinazione nei confronti delle sue massime passioni l’astronomia e la fantascienza che, secondo quanto ebbe a dire più di una volta, non sono certo in antitesi tra loro. Fin da giovane sfogliando i libri di astronomia sognava di perdersi nel firmamento, esplorare il cosmo e atterrare sulla superficie di pianeti sconosciuti. E intanto viaggiava con la fantasia, leggeva Jules Verne, H. G. Wells, Richard Matheson e John Wyndham e coltivava l’amore per il cinema fantastico. La sua attività di narratore inizia in seguito, preceduta dalla creazione di numerosi club e convention cinematografici che hanno contribuito a risvegliare e diffondere l’amore per il fantastico creando schiere di adepti. Dopo aver scritto, non soltanto di film, per Fanucci, Perseo libri ed Elara, da diversi anni collabora con le Edizioni Scudo che pubblicano le sue opere e, quella che presentiamo qui, è la sua ultima fatica.
A pochi mesi dall’uscita di Caligine Mortale, originale epopea spaziale dai risvolti imprevedibili e sorretta da un insolito ottimismo, “il maestro dei mostri”, come l’ha definito Giovanna Repetto, si cimenta, con Questa isola Terra: This Island Earth, in un altro singolare romanzo che impiega tutti i temi tipici della fantascienza classica: l’astronomia, i viaggi spaziali, l’esobiologia, l’incontro con esseri intelligenti non umani, la distopia, l’utopia, l’ucronia, l’avventura e i colpi di scena.
Dalla prefazione scopriamo anche un profilo inedito dell’autore, l’interesse per l’antropologia riscontrabile nella poetica descrizione dei canti del popolo Kaiciopeck, che ce ne fa conoscere e apprezzare l’intima natura. Il testo, che prende avvio dallo spazio cosmico, è permeato da un’insopprimibile nostalgia delle origini, dalla ricerca di un luogo antico e quasi dimenticato che si poteva chiamare casa e che non si è più in grado di dire se sia esistito realmente o se sia perso definitivamente nella leggenda.