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La vera storia di Medusa

 Da: Angelo Giubileo <angelogiubileo6@gmail.com>

 

 

La vera storia di Medusa

Medusa era stata allevata con amore da sempre. Si era detto, dopo, che appena nata avesse le sembianze di un mostro. Ma, si sa, mostro è ogni cosa che appare, che esce allo scoperto. Purtroppo, le solite malelingue e quindi niente di vero. A quale destino andasse incontro, di certo lei non poteva sapere. Quel che è certo, però, è che la storia che ancora oggi, più di ogni altra, si racconta di lei non è affatto vera.

Medusa è stata la prima a essere donna e dea, metà umana (ahinoi, altro che termine neutro!) e metà divina. Come il Sagittario della sacra ruota, metà animale e metà uomo. Medusa è e rappresenta la donna che diventa dea e sconfigge per sempre il gigante Perseo. Perché è questa la vera storia e il lieto fine, che oggi è invece narrato al contrario.

Le storie vanno così. Nell’epoca degli dei, è la divinità che domina. Nell’epoca dei giganti, accade il contrario e allora si narra che Perseo uccise Medusa e si fece vanto ovunque di mostrare la sua testa e finanche i suoi occhi, che però mai hanno smesso e smettono di “congelare la realtà”. La stessa accusa che il decadente Platone, lo stoico, quello del Timeo, rivolgeva al “venerando” profugo di Elea, giunto lì dall’Asia minore, e di cui Platone stesso pensava che “non l’avrebbe forse compreso mai abbastanza”.

In qualche modo, come Medusa, si può dire che l’Eleate avesse percorso tutte le strade, da Oriente a Occidente; come un nomade in perenne o continuo viaggio, costretto alla sosta di tanto in tanto. Perfino Omero, il cieco, avrebbe paragonato i suoi viaggi ai viaggi degli dei e le sue soste, come a Elea, alle soste che i sacerdoti descrivevano come astri e costellazioni. La dea (Tea) dell’Eleate si aggirava errabonda (ale) per ogni via dell’essere. I giganti l’hanno chiamata Aletheia e poi Veritas, ma cancellarono il suo vero nome, come ben aveva compreso Platone. Il suo vero nome è: Medusa.

Da dove venga e dove vada non è lecito ad alcuno, né uomini, né giganti né dei, saperlo. Atena l’accolse tra le sue braccia, ma non le rivelò il destino che l’attendeva. In fondo a Medusa non interessava: era pronta a qualsiasi sorte. Al punto che le sue due sorelle, costrette dalla nascita in una natura soltanto divina e quindi prive della sua consustanziale natura umana, erano invidiose di lei. E non si può dire che avessero torto: Medusa conosceva entrambe le nature. Donna e dea. Umana (non neutro, ma un maschile che offende!) e divina.

Medusa non aveva paura di alcunché. Erano gli altri - uomini, giganti e dei - ad avere paura di lei. Il segreto di Medusa era, è. Il segreto di sapere che ogni dimora dell’essere non ha né un inizio né una fine. Eternamente è. Dimore, quali che siano, che si stagliano ritte (ver, verum) lungo la via segnata dal filo del telaio poi chiamato, maldestramente, il filo di Arianna. Il telaio tesseva e tesse un filo continuo, senza né inizio né fine. Il filo di Arianna è infatti parte di un’altra storia falsa e ingannevole, che ci narra di un altro sedicente mostro, il Minotauro, e un altro sedicente gigante, Teseo. Non abbiate paura!

Ovidio le chiamò Metamorfosi ovvero forme molteplici di un’unica sostanza, come aveva detto quel mago di Aristotele, un illusionista. Nient’altro. Altro che termini, numeri e sillogismi. Il continuo, il continuo, il continuo avrebbe dovuto e dovrebbe mettere d’accordo tutti, uomini, giganti e dei, quelli che oggi si chiamano darwinisti, ebrei, cristiani, islamisti e altri. Tutti che si abbeverano alla mia stessa fonte: il continuo.

Nel mentre Medusa ripeteva così il suo più antico e vero canto, apparve Atena e le disse: noi abbiamo sciolto ogni nodo … gli altri non comprendono e non possono comprendere sino a quando non si siano tolti via tutto ciò che indossano. Continua a cantare, così che tu allevii la pena che soffro. Sono solo una dea, ma ho compreso cosa significa essere anche una donna. Medusa la guardò fissa in volto e questa immagine di loro due tornò ad allietare il tempo degli uomini, dopo che il viaggio e la lontananza di Iside aveva finito per gettarli nello sconforto. 

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