CASO CONTRADA, SGARBI: «MAGISTRATI CHE
NON CONOSCONO LA LEGGE
FUORI DALLA MAGISTRATURA»
ROMA - Vittorio Sgarbi commenta la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l'Italia a pagare 10 mila euro di danni morali a Bruno Contrada, l'ex funzionario del Sisde condannato in via definitiva a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo la Corte l'Italia ha violato l'articolo 7 della Convenzione europea per i diritti umani che stabilisce che non ci può essere condanna senza che il reato sia chiaramente identificato dai codici di giustizia. La fattispecie di reato contestata, secondo la Corte, «non era sufficientemente chiara e prevedibile per Contrada ai tempi in cui si sono svolti gli eventi in questione
«I giudici che condannarono Contrada - spiega Sgarbi - andrebbero messi fuori dalla magistratura perché, evidentemente, non conoscono la legge Non si può essere processati e condannati per un reato che non esiste. Aveva ragione il Procuratore generale della Cassazione Francesco Mauro Iacoviello quando nella requisitoria del processo dell'Utri ha scritto che "il concorso esterno è ferocemente contestato in dottrina e giurisprudenza sotto il profilo della sua tipicità sfuggente. Tre Sezioni Unite hanno cercato di tipizzarlo. Ammettere una contestazione in fatto significa platealmente aggirare il principio di tipicità. Cioè la principale conquista dell'illuminismo giuridico. Dunque, ci deve essere un atto (esame o altro) in cui l'accusa mi dica dettagliatamente e in forma chiara e precisa la condotta criminosa che avrei commesso"».
Nino Ippolito
(Ufficio Stampa)
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