C'È UNA CONFUSIONE PERSISTENTE — E FORSE VOLUTA — TRA MEZZO E FINE, TRA ARTIGIANO ABILE E ARTISTA
Come
se la padronanza dell'anatomia o delle tecniche a olio fosse ancora
l'unica porta d'accesso legittima al regno dell'arte (senza mancare di
rispetto, naturalmente, a coloro per i quali quel mezzo risuona
davvero).
Ma è da più di un secolo - dagli anni Venti - che non è più richiesto che un artista sia un “abile artigiano”.
A
meno che, naturalmente, non si creda ancora che l'arte debba essere per
sempre una serie infinita di dipinti turistici, tutti amorevolmente
realizzati a mano.
La vera arte colpisce in modo diverso.
Anche se qualcuno piscia letteralmente su una tela, si sa - istintivamente - se quell'atto, in quel contesto, è arte.
Certo, chiunque può farlo.
Ma nessuno lo fa come quel pittore.
Voi sapreste farlo allo stesso modo, con la stessa carica comunicativa?
IL VERO PROBLEMA NON È L'ARTE. È L'ARTISTA.
Ciò che offusca veramente il quadro è la percezione distorta del pubblico, non dell'arte, ma degli artisti.
Stiamo parlando di un pubblico che consuma soprattutto arte applicata: fumetti, illustrazioni, packaging, fan art, gadget.
Ma
si porta ancora dietro questa fantasia ottocentesca: il genio ispirato e
solitario che crea solo quando viene toccato dal fuoco sacro,
preferibilmente da una soffitta ammuffita o da un fiume nebbioso.
Nella
testa di molti, il "vero artista" è ancora solo van Gogh — una figura
che oggi probabilmente sarebbe internata piuttosto che considerata
l'esempio del VERO ARTISTA.
LA PARANOIA DELL'AUTORIALITÀ
Poi arriva l'ossessione moderna per la paternità.
Il mito del genio solitario. L'aura sacra della “mano originale”.
Il che è esilarante, perché l'arte non ha mai funzionato così.
Torniamo indietro all'epoca d'oro dell'arte occidentale: il Rinascimento.
Grandi
come Michelangelo e Raffaello erano direttori di studi, team pieni di
assistenti che producevano intere opere sotto una rigorosa guida
stilistica.
E alla fine - indovinate un po' - solo il maestro firmava l'opera.
Perché?
Perché un tempo era stato il migliore tra i migliori, lavorando in
anonimato sotto il suo stesso maestro. Questo era il sistema.
Gli assistenti?
Erano IA in carne e ossa, estensioni algoritmiche dello stile del maestro.
Lui
abbozzava una bozza, correggeva qualche riga, sbraitava contro gli
errori, e il risultato era un processo collettivo perfettamente oliato.
E nessuno gridava allo scandalo.
Ma prova a farlo oggi e preparati a una "crisi etica".
WARHOL, DUCHAMP E LA MENZOGNA DEL "MESTIERE"
Siamo onesti.