Pierluigi Casalino: La misura della coscienza.

 
Il buon filosofo, riesce a guardare ogni momento della vita, lieto o triste che sia, per trasformarlo in una preziosa riflessione per sé e per gli altri. Così scriveva Seneca dall' esilio a sua madre. Maurizio Ferrari, pensatore contemporaneo e campione di realismo e autore dell'ontologia del cellulare e della post verità si muove oggi con una considerazione diversa e propone un testo dal titolo "Imparare a vivere" in cui, ci dice con franchezza, seguendo quanto ha lasciato come testamento Jacques Derrida, che imparare a vivere è impossibile. E ciò perché, aldilà degli eventi della vita, da cui trarre sempre utili lezioni,  imparare a vivere significherebbe accettare definitivamente il fato di dover morire. Ma se si accetta heideggeriana che la morte conferisca alle nostre azioni un orizzonte di senso, al pari di quanto ci insegna la vocazione religiosa verso una vita ultraterrena, il pensiero della morte rischia di renderci tristi. Ferraris, con il suo realismo, però, nel suo considerare sulla inevitabile scadenza del nostro tempo, ci invita a riflettere sul fatto che dopo di noi la realtà esisterà ancora: Ferraris, a questo punto, ripone una fede salda nella cultura tecno-umanistica, nella capacità umana di fabbricare qualcosa, in particolare, a scrivere documenti da lasciare ai posteri. E possiamo quindi vivere e sopravvivere grazie a quello che lasciamo a chi viene dopo di noi. Circostanza che si basa sulla nostra consapevolezza di essere a termine.  Qui inizia un discorso delicato, ma affascinante, che coinvolge un mondo di riflessioni e di studi: gli esseri umani sono porzioni di materia che, in qualche modo, sono diventate coscienti di sé e di ciò che li circonda. D'altra parte i calcolatori non coglieranno mai il senso interno della coscienza anche perché il nostro senso interno di essere liberi e padroni delle nostre scelte, volere o no, appartiene alla realtà dei fatti, che per quanto misteriosa resta tutta da spiegare. Il valore etico della coscienza umana non appare quindi così misurabile come affermano le teorie funzionaliste. I calcolatori  difficilmente arriveranno a misurare la coscienza, se non approdando ad altri criteri di misura. A meno che si dimostri che la coscienza non appartenga al biologico, ma a qualche altra dimensione che sfugge alla misurazione scientifica ed in tal caso si entrerebbe in un universo ancor più inesplorabile ed enigmatico. 
Casalino Pierluigi 


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Roberto Guerra