Angelo Giubileo: Un incontro trimillenario

 
Da: Angelo Giubileo <angelogiubileo6@gmail.com>


Un incontro trimillenario

Ricorre quest'anno un secolo dalla pubblicazione dell'edizione finale dell'opera di Oswald Spengler meglio nota con il titolo italiano Il tramonto dell'Occidente. Eppure, trascorso un secolo, l'Occidente calca ancora geopoliticamente la scena della storia mondiale.

La divisione del territorio tra Oriente e Occidente è senz'altro un fatto geopolitico che risale a quasi tre millenni orsono. Infatti il termine "Oriente" fa riferimento all'area del "Levante" sviluppatasi alla fine dell'età del Bronzo, i due termini sono sinonimi e il significato di entrambi è: là dove sorge il sole.

Le ultime ricerche e analisi storiche confermano la tesi che agli inizi del XII secolo a.C. popoli provenienti dal mare, denominati per l'appunto "Popoli del Mare", invasero "tutta una serie di regni e città dell'Egeo, dell'Anatolia, della Siria, della Palestina" che "vennero distrutti senza essere subito ricostruiti, e dunque abbandonati dai loro abitanti". Questa vasta area, del Levante, "che per secoli era stata sottomessa all'una o all'altra delle grandi potenze regionali, si trovò per la prima volta libera da sovranità straniera e dalla minaccia di interventi esterni" (M. Liverani, Oriente Occidente, 2021). Almeno fino all'espansionismo dell'impero assiro, nel periodo compreso tra il 750 e il 500 a.C.

Questa stessa area, a distanza di circa tre millenni, rappresenta ancora oggi la linea di faglia tra Oriente e Occidente; ma, cosa assai più importante, l'area stessa conserva ancora oggi la memoria di una tradizione che, trascorsi trenta secoli, non tramonta. Sì che gli assetti possibili di un nuovo ordine geopolitico mondiale prendano le mosse da fatti storici assai recenti, compresi tra gli Accordi di Abramo (2020) e l'incontro di ieri tra il Presidente israeliano Herzog e l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani, a margine della conferenza sul clima (COP 28) negli Emirati Arabi Uniti. Incontro che gli stessi media israeliani hanno definito "storico".

Nella stessa giornata di ieri, il Washington Post ha anche rivelato il contenuto di una telefonata, ancora inedita e risalente alla fine del mese di ottobre, tra lo stesso Presidente Herzog e il Pontefice di Roma Jose Maria Bergoglio, secondo cui quest'ultimo avrebbe criticato il corrente intervento militare di Israele a Gaza suscitando la protesta dell'interlocutore. Episodio che fa il paio con un altro, che potremmo definire altrettanto spiacevole, risalente al 7 novembre scorso, allorquando lo stesso Bergoglio, ricevendo i rabbini europei, ha preferito consegnare, anziché leggere, il proprio discorso.

Ora, com'è indubbio che storicamente il Vaticano e Israele diano testimonianza a una diversa tradizione, è altrettanto indubbio che Israele abbia conservato la propria diversa tradizione lungo tre millenni, trenta secoli, di vicende per sé tragiche e dolorose; ed è altresì indubbio che sempre questa stessa tradizione oggi costituisca uno dei due elementi, l'uno per l'appunto israelita e l'altro arabo, mediante i quali realizzare la nuova porta di accesso e di scambio alle due aree geopolitiche, sotto l'egida storica di Abramo, rinnovando il memoriale di un'età in cui la zona del Levante si trovò per la prima volta libera da sovranità straniera e dalla minaccia di interventi esterni.

Auguriamoci allora che, di fronte al passo indietro di Bergoglio, i passi avanti di Herzog e Tamim bin Hamad al-Thani siano artefici di una più antica e rinnovata prosperità.

Angelo Giubileo

 

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Roberto Guerra