Quando ho cominciato a occuparmi di politica si era agli albori della caduta del Muro di Berlino. All'università votavo liberale e, dopo quasi cinquant'anni di potere nel segno indiscusso e indiscutibile della Democrazia cristiana, pensavo ingenuamente che potessimo approdare in Italia a una forma, che allora si diceva "compiuta", di "democrazia dell'alternanza".
Ma, così come oggi, anche allora lo schieramento sedicente di "sinistra" fece la scelta frontista o, peggio a dirsi, "etica": da una parte il "bene" (loro), dall'altra il "male" (tutti gli altri). Così che la Seconda Repubblica ha finito per saldare in un unico blocco l'etica comunista con quella cristiana, nient'altro che l'idea, il verbo o la parola detta e ridetta, fuori o addirittura contro la realtà, che sempre muta e con la quale occorre che ogni individuo faccia necessariamente i propri conti.
Di recente, ha scritto lo storico Galli della Loggia che esiste un modus vivendi "progressista" e uno "conservatrice", d'accordo però con il fatto che la realtà cambia continuamente.
E allora, questo cosa significherebbe? Che i "conservatori" sarebbero destinati necessariamente alla sconfitta? No.
Ciò che lo storico ha inteso sottolineare è che, se le situazioni cambiano, le prospettive di azione restano sempre le stesse, legate a un diverso proposito e atteggiamento.
In estrema sintesi, possiamo dire un diverso "impulso" a incanalare e forzare la realtà in modelli o schemi preconfezionati oppure piuttosto un "impulso" ad assecondare i fenomeni della realtà armonizzandoli in un contesto partecipato e quindi in massima parte condiviso.
E allora chi sarebbero i "progressisti" e chi i "conservatori"? Nient'altro che termini, parole vuote, come "sinistra" e "destra", "bene" e "male".
Diceva il cantautore Giorgio Gaber che "la libertà è partecipazione". Non so cosa sia esattamente la libertà - dato che Hegel sosteneva, razionalmente, che "la libertà o è assoluta o non è" -, ma, dopo la mia più che trentennale esperienza di politica, ritengo che il pensiero suddetto di Gaber sia funzionale all'idea e all'azione che Platone e Aristotele hanno definito "politica": garantire a tutti il diritto di partecipazione a una vita sociale, mediante innanzitutto l'esercizio di un voto libero e non predeterminato.
Cosa che, in Italia, negli ultimi dieci anni, l'etica perbenista della sinistra cattocomunista non ha di fatto consentito.
Oltre trent'anni dopo, siamo a oltre trent'anni prima. Le situazioni sono cambiate, l'idea è sempre la stessa. Liberale.
Angelo Giubileo
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