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La riscoperta di Dante.



Da: Pierluigi Casalino 

Ora si ripassa Dante anche su Robinson di Repubblica. Dopo tante riserve e polemiche che lo consideravano una lettura inutile, il Poeta della Commedia viene riscoperto. E ciò ciononostante gli anatemi dei politicamente corretti che non cessano di biasimarlo secondo un non ben meditato giudizio critico e storico. Negli Anni Cinquanta del XX secolo quel vate del dopoguerra che volle essere Quasimodo scrisse che ormai Dante poteva essere messo in soffitta con pressoché tutta la tradizione letteraria italiana, perché del tutto inattuale e, per di più, portavoce di un'ideologia, come quella religiosa cristiana, da cui ogni buon spirito moderno, figlio dell'Illuminismo, deve tenersi alla larga. E Dante ancora è stato uno dei bersagli delle voci emerse negli Anni Sessanta, sempre del Novecento, contro la cultura e la tradizione, fino a ridurne quasi a nulla lo spazio nella scuola, e anzi, a condannarne la lettura come inopportuna e addirittura dannosa. Mai affermazioni, dichiarazioni e condanne sono state più cieche e contrarie alla realtà dei fatti e della Storia, quella a cui, con tanta protervia, falsamente e bassamente ideologica, si richiamano i moderni nemici di Dante, che talora fanno capolino anche nella cronaca confusa dei giorni nostri. E pensare che in un passato non troppo remoto uscirono gli atti di convegno tenutosi a Roma nei quali era testimoniata la presenza di tantissimo Dante nella letteratura italiana del Novecento. Non ultimi a rilanciare lo spessore del messaggio dantesco sono stati da noi Maria Corti e Luciano Gargan. Se poi si allarga l'orizzonte dell'indagine alle letterature straniere, allora la possibilità di documentazione diviene ancor più vasta e significativa, soprattutto in ambito anglosassone, con i supremi esempi di Pound e di Eliot. E pure ai giorni nostri, in occasione del settimo centenario della morte del Sommo Poeta, nonostante gli entusiasmi che suscitano in Italia le celebrazioni dantesche, fuori di qui studiosi anglosassoni come John Took partono dalla vita del Poeta per allargarsi ad una più vasta prospettiva storica e culturale che cancella con autorità intellettuale ogni dubbio o remora sulla attualità e grandezza di Dante. Non sorprenda, quindi, che un libro come quello che dedico' tempo fa a Dante il poeta svedese Olof Lagercrantz, dal titolo "Scrivere come Dio. Dall'Inferno al Paradiso", rappresenti tuttora una lettura complessiva e straordinariamente moderna della vitalità della Commedia e dell'opera dantesca. Un esempio questo, inesauribile, di quell'attenzione per la poesia di Dante che i poeti del XX secolo e di quello presente hanno ampiamente dimostrato nell'ambito mondiale. Non si può piu' dunque mettere Dante in soffitta. Nella premessa alla su lettura della Divina Commedia, molto efficacemente e generosamente Lagercrantz parla della propria passione di lettore del poema, che finisce per sentirsi come l'oggetto di tutta una serie di sollecitazioni sempre nuove e sempre più profonde e vere a opera della poesia dantesca, che, a ogni passo nel testo, rivela se stessa sempre meglio a chi sappia affidarsi a essa con piena disponibilità. E tutto questo accade perché Dante ha dato voce a un'esperienza fondamentale di ogni uomo, che è quella del dialogo, in vita, con le ombre  dei morti; la loro presenza, come dice il poeta svedese, "è una parte essenziale della nostra vita", l'ha fatto esistere davanti al lettore, ne ha mostrato la sorte eterna, ciò la realtà di colpa o di virtù, ha affidato loro rivelazioni decisive intorno al destino dell'uomo, alla sua storia, alle ragioni e alle modalità della sua esistenza terrena.
Lagercrantz, insomma, coglie molto bene la ragione di fondo della presenza di Dante, aldilà di tutti i frettolosi e superficiali rifiuti, nella cultura contemporanea: il suo libro risale al 1964, ma nulla è cambiato da allora, anzi le ragioni che il poeta svedese propone per il suo lungo studio dantesco hanno, forse, nel frattempo accresciuto la loro validità. In tempi di crisi, che sono anche tempi di mediocrità, dove ciò che è frivolo e transeunte o, addirittura, non esiste ottiene attenzione e provoca  discorsi e opere insulse ed inutili, la Commedia costituisce il luogo della più ampia e profonda indagine e rappresentazione della vita umana sulla terra, del suo destino, del significato di ciò che fa, pensa e crede, ben oltre le stesse idee religiose che Dante esprime nel poema, a cui soltanto gli stolti possono fermarsi per trarne motivo di grette condanne ( o anche esaltazioni ideologiche irrealistiche). L'autore scandinavo muove dall'osservazione che, nella Commedia, sono compresenti il pellegrino chebattraversa i tre regni dell'oltretomba cristiano e il poeta che scrive, sul filo della memoria, le vicende della sua visione e del suo viaggio, e la approfondisce con risultati particolarmente felici. Assai opportuno ciò che Lagercrantz dice sull'immedesimazione - sia nella pietà, sia nella durata e, persino, nella crudeltà- del pellegrino Dante con particolari situazioni e dannati dell'inferno. Lo scrittore svedese lo spiega come frutto di un'esperienza, tutta limitata al solo ambito della dannazione, e quindi sottoposta ancora a quelle stesse passioni che hanno condotto i dannati stessi alla pena. Ma dove Lagercrantz tocca con particolare efficacia i problemi di fondo del poema dantesco è là dove esamina il rapporto fra la Commedia e la Bibbia nel intenzioni di Dante, cioè quando rivede da una angolatura nuova, il poema come rivelazione dal punto di vista di Dio intorno alla vita e alla storia dell'uomo, e indica anche in questo, indipendentemente dalla fede del lettore, il fascino e l'autorità della poesia di Dante. In questa prospettiva l'analisi di Lagercrantz appare come una proposta complessiva di interpretazione o, meglio, come una guida generale e, assai originale ed attenta, della Divina Commedia.
Casalino Pierluigi 

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