Ripensare alla storia dell'idea d'Europa ai tempi della crisi.



Da: Pierluigi Casalino 
Non sfugge a nessuno la gravre crisi in cui versa l'europeismo ai giorni nostri. Una crisi che parte da lontano e che si appesantisce di elementi sempre più preoccupanti, anzi inquietanti, nel segno di una congiuntura politica che si confronta con le crescenti difficoltà dell'attuale momento storico. Si assiste ad un appannamento della tradizionale idea d'Europa e al riemergere di pericolosi confronti tra le nazioni che ne hanno da sempre coltivato lo sviluppo. Un esempio di tale confronto è dato dal contenzioso tra Italia e Francia,  ma anche e soprattutto del venir meno della fiducia negli ideali di coesione e solidarietà da parte di settori non marginali della pubblica opinione del Vecchio Continente. Non è qui il caso di approfondire tali tematiche a cui già ho dedicato spazio in precedenti occasioni. Ritengo più opportuno, invece, anche per chiarire indirettamente, se pur compiutamente, l'attuale punto critico, ricordare la genesi dell'idea d'Europa nel corso dei secoli. Non è infatti un caso che il primo vero accenno politico al principio europeo si individui proprio in quel Niccolò Machiavelli che fu uno dei maestri e precursori della formazione del concetto europeo. La prima formulazione dell'Europa come di una comunità dai caratteri specifici anche fuori dell'ambito geografico, e caratteri puramente terreni, laici e non religiosi, è del Machiavelli. E proprio perché nasce da Machiavelli, non potrà che essere una formulazione politica. Quindi oltre quel Tantillus terrae angolus di cui parlava nel XVII secolo Comenius e oltre anche alla classica distinzione tra Asia ed Europa nota ai Greci e a quella tra il diritto e la barbarie che risale ai Romani. Tuttavia, mentre il senso europeo si andrà affermandosi, parimenti sorgeranno voci contrastanti, fondate prevalentemente sul sorgere dell'idea di nazione. Il particolare contro il generale, l'individuale contro l'universale, l'individualita' dell'anima nazionale in polemica contro  l'europeismo. Un esempio le divergenze tra Rousseau da una parte e Voltaire e Montesquieu dall'altra. Rousseau teme l'uniformita', dove tutti si sentiranno ovunque in patria e ovunque perciò troveranno denaro da rubare e donne da corrompere. Rousseau, peraltro, non può negare la realtà di un'Europa come unità civile, con in comune una società reale che ha la sua religione, i suoi costumi, le sue abitudini e persino le sue  leggi, da cui nessuno dei popoli che la compongono può scostarsi senza causare disordini. Una società che ha però il difetto, secondo il filosofo ginevrino, di sacrificare le originalità. Egli pensa ad un sistema federale che trasformi l'Europa in un vero corpo politico. Rousseau avversa un europeismo che non rispetti le caratteristiche nazionali. Su tali diverse considerazioni l'idea d'Europa entra in crisi alla vigilia della Rivoluzione Francese. Il resto è storia di questi due ultimi secoli dirompenti fino e oltre allo scoppio delle ultime due guerre mondiali. Periodo in cui i demoni del nazionalismo e del delirio di onnipotenza dei regimi totalitari ultranazionalisti  hanno offuscato la scena internazionale. Da Novalis a Kant il dibattito sulla pace universale e la repubblica europea arriva fino a Metternich che considera l'Europa come una patria con progetti tipicamente settecenteschi. Analogamente altri come lui, compreso Castelreagh,  cercano nell'applicazione del principio di solidarietà e di equilibrio fra gli Stati il ristabilimento dei rapporti internazionali. Se europeismo del Metternich significa ripudio del principio di nazionalità e il rifiuto di accettare la nazione e la patria,  significa anche ripudio dell'idea di libertà. E di rivoluzione. Più  avanti si consolidera' il concetto di civiltà europea formata grazie  all'apporto di molte nazioni. E di coscienza europea  all'indomani  del secondo dopo guerra. Una coscienza europea che è entrata in crisi di fronte a nuove e più insidiose sfide globali.
Casalino Pierluigi.