Roma - «Mi sembra pacifico che le intercettazioni delle telefonate di Silvio Berlusconi nel caso Ruby non dovevano essere messe agli atti dalla Procura di Milano. Ora si tratta di vedere come e perché questo è accaduto». Luciano Violante è categorico sulla premessa, ma cauto sulle conseguenze del fatto.
Quanto è successo getta ombre sull’intera inchiesta?
«Bisogna vedere a che cosa porterà l’accertamento già annunciato dal Procuratore Bruti Liberati. Quelle tre conversazioni nel fascicolo non dovevano esserci. Infatti, si sa che centinaia di altre in cui parlava il premier sono state cancellate dalla stessa Procura. Ma ancora non conosciamo il motivo per cui in questi casi le cose siano andate diversamente. Che cosa è successo: errore, dimenticanza, intenzione? Non possiamo dare un giudizio finché non avremo queste risposte».
Ma comunque è stato fatto qualcosa di illegale se le intercettazioni indirette di un parlamentare, secondo la legge Boato, non possono essere utilizzate né trascritte senza il via libera delle Camere.
«Ripeto: tutto dipende da che cosa è successo in questo caso. È diverso se si tratta dell’errore o di una dimenticanza di un cancelliere o di un poliziotto che ha inserito quello che non doveva in una mole di documenti, o se un pm non ha fatto fino in fondo il suo dovere. Comunque, la fuga di notizie è da contrastare e, a mio avviso, occorre una riforma: il giudice competente dev’essere non quello dell’ufficio giudiziario dove è avvenuta, ma il tribunale di una diversa Corte d’appello».
Ascoltare le conversazioni di terze persone che parlano con un parlamentare non è un modo di aggirare il divieto?
«Ma se un deputato parla con un capomafia non posso certo censurare l’ascolto».
Qui non c’erano reati così gravi di mezzo.
«La concussione è grave, come anche la prostituzione minorile: è impossibile che per questo tipo di reati possano essere vietate le intercettazioni».
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