Pierluigi Casalino L'UTOPIA DI CALVINO

 

Il moralismo degli anni Cinquanta era talvolta ridicolo, contagiava tutti, comunisti e cattolici, conservatori e progressisti, e prendeva di mira chiunque uscisse dal coro in una sorta di castrazione culturale generale da adottare nelle diverse chiese e sacrestie. Una riflessione sul clima, non privo però di speranze, ce la propone un “sanremasco” doc, l’asciutto, essenziale e, al tempo stesso, creativo Italo Calvino.

Quando dal palco del Festival della Canzone, nel 1958, Calvino riuscì a salvare e rilanciare quel tanto di utopia di stile che aveva ereditato dai suoi genitori. Erano quegli stessi genitori che l’11 ottobre 1940, pochi mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia, pubblicavano per le edizioni torinesi Paravia un manuale di giardinaggio pratico, intitolato “Duecentocinquanta quesiti di giardinaggio risolti”.
Eva Mameli Calvino e Mario Calvino dirigevano all’epoca la Stazione Sperimentale di Floricoltura “Orazio Raimondo” di Sanremo. Un volumetto prezioso e delicato, ricco di particolare suggestione, inteso a sottolineare l’amore per la loro coltivazione, godimento pure dei sensi e dell’intelletto, un modo per coniugare piacere e dovere. Una narrazione che incarna uno stile di vita, al quale si ispirerà l’arte del giovane Calvino. Ciò non basterà però a farlo restare a Sanremo, né a fargli proseguire gli studi di Agraria a Torino, intrapresi per non dispiacere alla famiglia e interrotti per iscriversi a Lettere.
Uno strappo radicale con il passato, che già incarnava lo spirito de “Nel Blu Dipinto di Blu”. Calvino tornerà più tardi alla campagna da cui aveva voluto separarsi nel dopoguerra, reinventandola. Segno di una felice contraddizione che ci invita ancora a rileggere le opere di Calvino.

 

Casalino Pierluigi, 4.04.2011.