La cultura islamica è diffusa nell’Europa Medievale, come testimoniato anche nella Divina Commedia. La civiltà europea nasce sicuramente dall’incontro tra il Cristianesimo e il lascito ideale greco-romano, ma è, parimenti, pervasa dal pensiero arabo ed ebraico. Nell’epoca di Dante i rapporti tra il mondo cristiano e quello islamico sono assai stretti, nonostante i conflitti in corso. Nel XII secolo due figure rappresentano questo intreccio di civiltà: Federico II di Svevia, con la sua corte modellata su quelle arabe, e Alfonso X il savio di Castiglia. Lo stesso dante cita molti spiriti di formazione musulmana, dallo stesso Maometto, per condannarlo, tuttavia, all’Inferno come eretico e scissionista, a saladino, di cui tesse gli elogi per la sua umanità e magnanimità, ad Avicenna (Ibn Sina^), ad Averroè (Ibn Rushd), a Brunetto Latini, che conobbe il Liber Scalae, a Pietro Ispano ad altri, che ebbero con l’Islam familiarità. Le analogie tra la Commedia dantesca e il Viaggio Notturno del Profeta Maometto sono, dunque, impressionanti e sono messe in luce dallo spagnolo Asìn Palacios e dall’italiana Maria Corti: Dante e Maometto narrano in prima persona il loro viaggio ultramondano, entrambi sono accompagnati da una guida e fermati da tre fiere. Le stesse architetture dei due transiti nell’oltretomba presentano forti somiglianze, così come le categorie delle pene per i dannati nell’Inferno. Egualmente il senso delle figure del gallo (in Maometto) e del’aquila (in Dante). La Scala, che in Dante assume un rilievo fisico e simbolico, è essenziale nei testi musulmani. L’elemento della luce, centrale nel Paradiso dantesco, ricorda gli studi dei filosofi arabi sulla dimensione metafisica della luce, in particolare in Avicenna (Ibn Sina^. Nei rapporti tra Dante e l’Islam non vanno certo viste ragioni di subalternità del Sommo Poeta al mondo musulmano. La corrispondenza e le analogie della Divina Commedia con il Liber Scalae (cioè Il Viaggio Notturno di Maometto) si spiegano, invece, con la capacità di trasmissione culturale di cui l’Islam si fece portatore in Occidente. Per concludere, infine, la Divina Commedia senza la teoria di Avicenna (Ibn Sina^) dell’individuazione delle anime dopo la morte, grazie a una sottile materia spiriutuale. Il giovane Dante averroista (ispirato originariamente dall’averroismo latino di Sigieri di Brabante) avrebbe avuto difficoltà, infatti, a presentare delle individualità sciolte da un corpo, fossero Farinata degli Uberti o la stessa Beatrice, senza l’influenza di Avicenna (Ibn Sina^).
Casalino Pierluigi, 6.04.2011.