Il Telegraph a Renzi: ritorno alla Lira per salvare l'Italia dall'Euro dead zone

Telegraph
*GIORNALE APOLLO




Governo Renzi, Telegraph: “L’Italia torni alla lira per uscire dalla depressione”

di Mario Marrandino   - 16 agosto 2014

Renzi




Di Mario Marrandino. Il britannico Telegraph dice la propria sulla situazione economica italiana: “Il solo modo possibile per tener fede alla sua promessa di un Risorgimento per l’Italia, e forgiare il proprio mito, è scommettere tutto sulla lira”. A firmarlo l’editorialista anti-europeista Ambrose Evans-Pritchard e la sua convinzione è anche quella di molti italiani: l’unica chance che abbiamo per risollevarci da una situazione economica gravosa che dura “da quasi sei anni” (salvo qualche “falso risveglio”) è abbandonare l’euro. Il giornalista aggiunge comunque non è imputabile unicamente all’euro la colpa di questo tracollo economico, ma che è “un fatto incontrovertibile che i 14 anni di disastro italiano coincidano con l’adesione alla moneta unica”, e anche se “questo non prova il rapporto di causa-effetto”, “suggerisce che l’unione monetaria abbia innescato una dinamica molto distruttiva” ed “è un forte indizio del fatto che ora l’unione impedisce al Paese di uscire dalla trappola”. 
Per rafforzare la sua tesi, il giornalista si avvale dei dati riportati dai giornali d’economia internazionali e dai dati di Banca d’Italia, analizzando quindi la questione della recessione, della stagnazione del mercato immobiliare e del livello del debito, salito al 135,6% del Pil. “Il rapporto potrebbe spingersi verso il 140% entro la fine dell’anno, acque inesplorate per un Paese che di fatto prende a prestito in marchi tedeschi. ‘Nessuno sa quando il mercato reagirà’, dice un banchiere”.
Secondo queste ipotesi, “il premier Matteo Renzi dovrà fare tagli tra i 20 e i 25 miliardi di euro per rispettare gli obiettivi europei di deficit, perpetuando il circolo vizioso”. Ma “il compito è disperato. Uno studio del think-tank Bruegel ha trovato che l’Italia dovrebbe ottenere un surplus primario di 5 punti percentuali di Pil per stabilizzare il debito se l’inflazione fosse al 2%. Con l’inflazione a zero, i punti di Pil diventano 7,8. Ogni tentativo di centrare quell’obiettivo porterebbe a una controproducente implosione dell’economia italiana”.
Secondo il Telegraph, che da tempo, ormai, gufa la fine dell’euro, cita poi l’economista indiano ed ex funzionario del Fondo monetario Ashoka Mody, secondo il quale le autorità italiane dovrebbero consultare “brillanti avvocati esperti in debito sovrano per assicurare una ristrutturazione ordinata del debito”
Evans-Pritchard ricorda le parole di Eugenio Scalfari su Repubblica: “L’Italia si sottoponga al controllo della Troika”. “Mr Scalfari sembra pensare che la democrazia italiana debba essere sospesa per salvare l’euro”, deduce il giornalista. “Il giovane Mr Renzi potrebbe trarre la conclusione opposta, cioè che l’euro deve essere scaricato per salvare l’Italia” che, prima della moneta unica, grazie alla “lira debole”, “aveva un surplus commerciale nei confronti della Germania”, mentre ora la sua “metà arretrata, soprattutto il Mezzogiorno, compete palmo a palmo con la Cina e le economie emergenti dell’Asia in settori che dipendono dai prezzi”.
Secondo il giornalista, gridare alle riforme vale veramente poco: “Pochi negano che lo Stato italiano abbia bisogno di un cambiamento radicale, ma l’Italia ha anche bisogno di un ‘New Deal’ fiscale, massicci investimenti in infrastrutture e capitale umano, sostenuti da uno stimolo monetario per tirare il Paese fuori dalla sua soffocante tristezza cosmica. E Mr Renzi deve ormai sapere che questo non può essere fatto nell’ambito dell’unione monetaria”. Ma, nota il giornalista, ora “si trova nello stesso orrendo imbarazzo di Francois Hollande in Francia. Da outsider se l’è presa con l’austerità europea, salvo poi sottomettersi senza far rumore una volta entrato in carica, perché i suoi consiglieri gli assicuravano che la ripresa era alle porte”. L’articolo giudica però Hollande “impossibile da salvare”, mentre “Renzi non ha ancora bruciato il suo capitale politico ed è uno scommettitore nato”.
Però “è da solo”, perché “non c’è più alcuna chance che Italia e Francia possano guidare insieme una rivolta dei Paesi latini” contro il Consiglio europeo e la Banca centrale. Telegraph suggerisce lo stop alle negoziazioni, è il momento di “liberarsi dalla trappola dell’unione monetaria, riprendere il controllo dei suoi strumenti di sovranità e rinominare il suo debito in lire, introducendo il controllo sui movimenti di capitali finché la situazione non si normalizza”. Secondo il giornale “non ci sarebbe un’immediata difficoltà a rifinanziarsi, perché il Paese ha un surplus primario” e “non soffre di un eccesso di debito in senso stretto”, poiché le famiglie sono relativamente poco indebitate. “Il problema di base è un disallineamento del tasso di cambio che crea una non necessaria crisi del debito pubblico attraverso il perverso meccanismo dell’unione monetaria”.
Il succo della questione, però, è che le scelte devono essere fatte a breve. “La traiettoria del debito italiano entrerà nella zona di pericolo. Stavolta potrebbe non essere così chiaro che il Paese voglia essere ‘salvato’ nei termini stabiliti dall’Europa”.