Obama superhacker degli Old Media e di Jurassic ONU!

L'Onu chiede spiegazioni
sul blitz. Obama: niente foto

L'Onu chiede spiegazioni sull'operazione che ha portato all'uccisione di Osama bin Laden. L'alto commissario per idiritti umani, Navi Pillay, ha chiesto il resoconto completo epreciso dei fatti. Intanto il sottosegretario agli Esteri pachistano Bashir ha dichiarato che 'sarebbe un fattocatastrofico se qualche altro paese dovesse seguire l'esempiodegli Stati Uniti violando la sovranità del Pakistan con un blitz militare. Gli Usa ci hanno informato subito dopo il blitz'. Il segretario di Stato americano Clinton ha ribadito chela morte di Bin Laden ha reso gli Usa e il mondo più sicuri.

Il primo obiettivo di una eventuale vendetta del terrorismo islamico per l'uccisione di Osama Bin Laden in Pakistan sono i militari e il Governo pachistani, solo in seconda battuta verrebbero colpiti obiettivi americani. E' quanto ha appreso l'ANSA da fonti diplomatiche ad Islamabad che citano le informazioni che circolano tra le ambasciate occidentali. Al momento la situazione nella capitale pachistana appare tranquilla anche se ci sono più controlli del solito: come sempre in questi casi, sottolineano le stesse fonti, gli obiettivi più a rischio sono i luoghi di culto islamici nell'ottica di una guerra tra la visione di un Pakistan laico e quella di un Pakistan fondamentalista.

L'Onu chiede spiegazioni sull'operazione che ha portato all'uccisione di Osama bin Laden. L'alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay, ha chiesto oggi "il resoconto completo e preciso dei fatti".

BARACK OBAMA A GROUND ZERO
Simbolicamente oggi si chiuderà la ferita aperta dagli attentati dell’11 settembre 2001. Il presidente americano Barack Obama sarà infatti a Ground Zero a «celebrare» la morte di Osama Benladen, il responsabile delle quasi tremila vite perse negli attacchi terroristici. A differenza dell’esultanza che negli ultimi giorni ha circondato l’area in cui sorgeva il World trade center, la cerimonia si preannuncia però solenne, quasi un dialogo privato tra il capo della Casa Bianca e i tanti innocenti che a Ground Zero hanno perso la vita. Il pubblico non è infatti invitato alla cerimonia in cui Obama deporrà una corona di fiori al memoriale del 9/11. Nell’incontrare le famiglie delle vittime, il presidente impersonerà però l’intera America che si stringe di nuovo attorno ai propri caduti. La prima visita ufficiale di Obama alla fossa creata dal crollo delle torri gemelle è mirata a segnare la realizzazione della giustizia, anche se giunge a distanza di quasi dieci anni dalla promessa fatta e per mano di un’amministrazione diversa da quella attaccata dai terroristi. Un’azione, quella autorizzata da Obama contro Benladen, che avrebbe garantito al presidente democratico «un posto nella storia», come ha preso atto Rudy Giuliani, che durante i peggiori attentati nella storia americana era sindaco di New York.

Un successo, però che il capo della Casa Bianca avrebbe cercato di condividere con il suo predecessore, a cui andrebbe il merito di aver avviato la caccia al terrorista subito dopo la strage. Nonostante l’invito ad affiancarlo a Ground Zero, l’ex presidente George W. Bush avrebbe però deciso di non partecipare all’evento. Secondo il suo portavoce, avrebbe «apprezzato» l’offerta, ma rimarrebbe fedele alla scelta fatta «di rimanere lontano dai riflettori». Non avrebbero alcuna base le speculazioni che lo vedono offeso per non aver ricevuto abbastanza lodi per i suoi sforzi contro il terrorismo. È stato infatti uno dei primi a congratularsi con Obama per il «significativo risultato» raggiunto. Le opinioni raccolte a caldo, subito dopo l’annuncio dell’uccisione di Benladen, mostravano però che gli americani non hanno dimenticato chi ha dato il via alla guerra al terrore. Secondo il 32% degli intervistati, infatti, il merito dell’operazione di domenica andrebbe all’attuale capo della Casa Bianca, ma un ulteriore 13% darebbe credito soprattutto a Bush. Una visione condivisa in gran parte da molti repubblicani, ma un elemento delicato specialmente mentre si sta riaccendendo il dibattito sulle tecniche dure di interrogatorio autorizzate dall’amministrazione repubblicana che avrebbero contribuito a raccogliere le informazioni necessarie a scovare Benladen.

LE FOTOGRAFIE DI TRE VITTIME DEL BLITZ
Fotografie acquistate dalla Reuters e scattate circa un'ora dopo l'assalto alla villa di Abbottabad mostrano tre uomini morti in un lago di sangue, ma nessuna arma. Le foto, scattate prese da un funzionario della sicurezza pachistano che era entrato nel compound dopo il blitz - e che le ha poi vendute alla Reuters, chiedendo di restare anonimo - mostrano due uomini vestiti col tradizionale abito pachistano e un terzo con addosso una T-shirt. Nessuno dei tre uomini assomigliava a Benalden, del cui cadavere il presidente americano Barack Obama ha deciso di non rendere pubbliche immagini. Stando all'ora impressa sulle foto, la prima è stata scattata il 2 maggio alle 2.30 (ora pachistana) circa un'ora dopo la fine del raid.

Altre immagini sono state scattate ore dopo, fra le 5.21 e le 6.43 e mostrano l'esterno del compound e il relitto dell'elicottero che i commando Usa hanno abbandonato, la cui coda mostra una forma inusuale che potrebbe indicare la sua capacità di restare 'invisibilè come gli aerei 'stealth'. La Reuters ritiene che le foto siano vere tra l'altro perchè i dettagli dell'elicottero coincidono con quelli di altre fotografie prese indipendentemente sempre lunedì, e perchè sono state prese in sequenza e hanno tutte lo stesso numero di pixel, segno che non sono state manipolate.

LE FOTO DI OSAMA
Il mondo non vedrà le immagini del volto sfigurato di Osama Benladen. Fidandosi ancora una volta del consiglio dell’asse Clinton-Gates, Ba­rack Obama ha deciso di non pubbli­care le foto «raccapriccianti», come le descrive chi le ha viste, del cadavere del leader di al-Qaeda. L’annuncio del pre­sidente è arrivato in una giornata den­sa di teorie e speculazioni, durante la quale il governo americano ha dovuto giustificare il suo operato durante il raid che ha portato all’uccisione dello sceic­co del terrore. «L’azione è stata com­pletamente legale – ha sostenuto il mi­nistro Giustizia Usa Eric Holder di fron­te alla commissione giustizia del Se­nato – se Osama si fosse arreso, o a­vesse tentato di arrendersi, penso che lo avremmo ovviamente accettato, ma non c’era nessuna indicazione in base alla quale intendeva farlo». Holder ha chiamato l’uccisione «un atto di legit­tima difesa nazionale».

Mentre il segretario alla Giustizia par­lava a Capitol Hill, alla Casa Bianca fer­veva il dibattito sull’opportunità di mo­strare le prove della morte di Benladen, messa in dubbio da gruppi estremisti islamici, primi fra tutti i taleban in Af­ghanistan. Il più forte proponente del­la loro diffusione era il direttore della Cia, Leon Panetta, che, pur ammet- tendo le «preoccupazioni» all’interno dell’amministrazione sul potenziale impatto delle immagini, si diceva ieri convinto «senza dubbio alla fine una verrà fatta vedere». «Ovviamente ho vi­sto quelle fotografie – ha aggiunto Pa­netta, destinato ad essere il prossimo segretario alla Difesa – e le abbiamo a­nalizzate e non vi sono dubbi che si tratti di Benladen».

Sul fronte opposto fin dall’inizio c’era invece il duo for­mato dal capo del Pentagono Robert Gates e dal segretario di Stato Hillary Clinton. I due, spesso affiancati sulla stessa linea di politica estera, erano cer­ti che la pubblicazione avrebbe provo­cato una reazione negativa contro gli Stati Uniti che ancora non è stata regi­strata nel mondo arabo. «Gli unici scet­tici sono gli estremisti – era il ragiona­mento della Clinton – e loro non sa­ranno certo convinti da una fotografia, mentre il potenziale negativo è enor­me, c’è un tremendo rischio che le fo­to diventino una scusa per attacchi contro i soldati americani, il persona­le del governo e gli americani in gene­rale».

Resta da vedere ora se le foto, che so­no già in circolazione nei corridoi del Congresso, rimarranno davvero segre­te. Il senatore repubblicano Kelly Ayot­te, ad esempio, ha già fatto sapere alla stampa di averne vista una. «Un altro senatore me l’ha mostrata», ha riferito Ayotte specificando che si trattava del primo piano del volto. L’Amministrazione Usa si augura che i membri del Parlamento Usa sapranno dar fondo alla stessa disciplina dimo­strata nei giorni precedenti l’operazio­ne Geronimo, quando almeno 16 di lo­ro erano al corrente dell’imminente blitz. Una segretezza per la quale ieri sono stati ringraziati dal vicepresiden­te Joe Biden. «Più di una dozzina di membri del Congresso erano al cor­rente del raid – ha detto Biden – ma il loro desiderio assoluto di vedere giun­gere a buon fine la missione, ha per­messo di mantenere il segreto. Non un solo dettaglio è trapelato e questo è sta­to un grande risultato». Elena Molinari