Ferrara-Italia: Carolina Marisa Occari tribute

L’addio a Carolina Marisa Occari: maestra d’incisione e allieva di Morandi insegnava agli studenti l’arte di guardare




L’addio a Carolina Marisa Occari: maestra d’incisione e allieva di Morandi insegnava agli studenti l’arte di guardare







  • 17 maggio 2014




“Quali lezioni hai oggi?” / “Dopo Italiano e Scienze ho finalmente Disegno! Due ore!” / “Ma non hai mai i compiti di Disegno?” / “La Professoressa dice che il nostro compito è quello di guardare, sempre, tutto. E ricordare”.

Così il ricordo della mia professoressa di Disegno delle scuole medie, Carolina Marisa Occari, si presenta quando vengo a sapere che ci ha lasciato. Un’arte del silenzio e dell’attenzione, dei particolari naturali che pochi sanno apprezzare e riconoscere.
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Una grande fattoria ferrarese, 2004, acquaforte




Marisa Occari inizia ad ascoltare il Po a Stienta nel 1926, e se ne allontana da ragazza per studiare alla scuola d’arte Dosso Dossi di Ferrara, quindi al liceo artistico di Venezia e infine all’Accademia di belle arti di Bologna, dove è allieva di Giovanni Romagnoli e di Giorgio Morandi. Nei primi anni ’50 comincia a dedicarsi all’arte dell’incisione, ed è proprio Morandi che comprende l’energia artistica che Marisa trae dai suoi incontri con il Fiume.
Incide sulle lastre per sempre i suoi paesaggi, gli intricati borghi naturali, le piccole cose e i personaggi della sua campagna. I segni precisi, decisi, eterni che trasformano gli ambienti di bassa pianura, segnati da canali, filari, casolari, dal delta del Po, in luci ed ombre del regno di terre ed acque. Le sue opere rappresentano l’arte incisoria italiana del ‘900.
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Grande pioppo sul Po, 1999, aquaforte




In una recente intervista Marisa Occari ricorda i suoi incontri con il Fiume: “Il Po, che cosa meravigliosa! Si trasforma a seconda dell’alba e del tramonto. I tramonti poi sono unici. Mia madre mi diceva: ‘Prendi la bicicletta Marisa, corri, fai presto, vieni a vedere tutta la bellezza del tramonto’.”

“Mia mamma era preoccupata. Si lamentava con mio papà: ‘Dicono tutti, ma quella matta della Occari è sempre lì che va in giro con le sue borse, con le sottane tutte scucite (non badavo molto alla moda)’. Ed in bicicletta io correvo con le mie cose per disegnare, le chine, le matite, ero affascinata da quella cosa lì. Era il momento più creativo”.

Nel 1951, dopo la rotta del Po: “Io riuscivo ad andare da Stienta ad Occhiobello in bicicletta. Dall’argine vedevo un paesaggio lunare, gli alberi contorti, sradicati, un insieme di rovine. Ero affascinata da questo luogo. Mi ricordo la devastazione e la morte di tante persone. Il paesaggio aveva acquistato un fascino, una distesa di bellezza. La nostra campagna è bellissima. Non ne potevo fare a meno”.

“Il giorno del mio compleanno mio figlio mi ha chiesto cosa mi facesse piacere. Gli ho detto: Tu mi porti a vedere il mio Po.”

Arrivederci Marisa.