Nella scala gerarchica della letteratura Ken Follett dove lo mettiamo? Non è una domanda retorica, perché non sono passati neppure tre anni da quando i soliti fanfaroni si inventarono una rinascita del romanzo storico, ovviamente in chiave rivoluzionaria e impegnata, con sfoggio di espressioni da brivido come «ucronie potenziali», «mitologemi», «sguardi obliqui» e «approcci ecocentrici».
Non prendete il dizionario, se non sapete cosa significano, significano poco: tanto rumore intellettuale per poi scoprire che si stava parlando di Wu Ming, De Cataldo, Carlotto, Genna e compagnia bella, inclusa Babsi Jones, che oggi chi se la ricorda più.
Quanti discorsi campati per aria e quanti ritorni annunciati, a mo' di manifesto: il ritorno al realismo, anzi il «new italian realism», o il ritorno all'epica, anzi il «new italian epic». Come quelli che aprono un bed&breakfast nel salotto di famiglia e la chiamano «corporation», perché fa più scena, più provinciali di così si muore, infatti sono già morti tutti, uccisi dalle proprie chiacchiere. E poi altri ancora dibattevano sulle terze pagine se la fiction doveva essere davvero «fiction» o «faction» o «fictual», e nessuno capiva di cosa stessero parlando ma si faceva finta, come un'assemblea del Pd ma in peggio, al posto delle primarie la candidatura a un Premio Strega. A proposito si fece molto notare Antonio Scurati, che aveva appena sfornato anche lui il suo «romanzo storico», un polpettone penoso intitolato Una storia romantica, che vinse il SuperMondello, perché era così brutto che non si poteva non premiare.È un discorso che non riguarda solo l'Italia, fossimo negli Usa chiederemmo a Harold Bloom: la letteratura «alta» si è abbassata ovunque, basta vedere a chi danno i Nobel, e viceversa la letteratura «bassa» si è alzata, basta vedere a chi non danno i Nobel, e che libri scrive Ken Follett, appunto. Alla fine è difficile sostenere che i romanzi di Eugenides o di Franzen o Ishiguro siano più alti (highbrow, si diceva una volta tra addetti ai lavori, per distinguere la letteratura vera dal middlebrow e dal lowbrow) di quelli di Ken Follett. Sicuramente sono più noiosi, ma la noia non è un parametro estetico. Come prova sperimentale e esercizio di letterature comparate basterebbe confrontare Il sogno del celta di Vargas Llosa, un «romanzo storico» pieno di frasi trite, espressioni retoriche da Harmony (e due palle di trama in generale) con La caduta dei giganti di Follett, primo romanzo della trilogia follettiana The Century, di Mondadori... C
il giornale
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/se-follett-vale-strega-e-qualche-nobel-838733.html
Quanti discorsi campati per aria e quanti ritorni annunciati, a mo' di manifesto: il ritorno al realismo, anzi il «new italian realism», o il ritorno all'epica, anzi il «new italian epic». Come quelli che aprono un bed&breakfast nel salotto di famiglia e la chiamano «corporation», perché fa più scena, più provinciali di così si muore, infatti sono già morti tutti, uccisi dalle proprie chiacchiere. E poi altri ancora dibattevano sulle terze pagine se la fiction doveva essere davvero «fiction» o «faction» o «fictual», e nessuno capiva di cosa stessero parlando ma si faceva finta, come un'assemblea del Pd ma in peggio, al posto delle primarie la candidatura a un Premio Strega. A proposito si fece molto notare Antonio Scurati, che aveva appena sfornato anche lui il suo «romanzo storico», un polpettone penoso intitolato Una storia romantica, che vinse il SuperMondello, perché era così brutto che non si poteva non premiare.È un discorso che non riguarda solo l'Italia, fossimo negli Usa chiederemmo a Harold Bloom: la letteratura «alta» si è abbassata ovunque, basta vedere a chi danno i Nobel, e viceversa la letteratura «bassa» si è alzata, basta vedere a chi non danno i Nobel, e che libri scrive Ken Follett, appunto. Alla fine è difficile sostenere che i romanzi di Eugenides o di Franzen o Ishiguro siano più alti (highbrow, si diceva una volta tra addetti ai lavori, per distinguere la letteratura vera dal middlebrow e dal lowbrow) di quelli di Ken Follett. Sicuramente sono più noiosi, ma la noia non è un parametro estetico. Come prova sperimentale e esercizio di letterature comparate basterebbe confrontare Il sogno del celta di Vargas Llosa, un «romanzo storico» pieno di frasi trite, espressioni retoriche da Harmony (e due palle di trama in generale) con La caduta dei giganti di Follett, primo romanzo della trilogia follettiana The Century, di Mondadori... C
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