Il Principio

*by Filippo Venturini
Un po’ di giorni fa, parlando dell’evoluzione del manifesto e delle iniziative a questo legate, Sandro mi ha detto della sua volontà di uscire da chiusi e paludati luoghi di assemblea, per presentare l’opera in una cornice, magari naturale, suggestiva, coinvolgente. Questo ha suscitato nel sottoscritto alcune immediate idee, sulle quali ho poi meditato, in verità, non troppo a lungo, come si potrà capire da quanto segue.
Secondo un’antica tradizione attestata presso diversi autori(1), il centro di irradiazione delle popolazioni italiche sarebbe stato il lago Cotilia, che alcuni oggi riconoscerebbero, dall’allargamento della valle del Velino, presso la stazione di Castel S. Angelo della ferrovia Rieti-Androdoco. Il lago sarebbe ancora esistito nel 1873(2) , ma non l’isola natante che secondo la tradizione vi sarebbe stata. L’oracolo prellenico di Dodona avrebbe così ingiunto ai Pelasgi:
“andate in cerca della terra dei Siculi e degli Aborigeni, Cotilia, ove galleggia un’isola”(3) . In
questo luogo i Pelasgi si sarebbero uniti agli Aborigeni per cacciare i Siculi e i Liguri da Saturnia, nome del Campidoglio della futura Roma. Il lago di Cotilia era sacro alla Vittoria e il dio Tiora Matiene vi vaticinava per mezzo del picchio, uccello sacro a Marte, che dunque avrebbe rappresentato presso gli antichi Italici ciò che Apollo era per i Greci: dio vaticinatore e legato ad un luogo con un’isola natante. Non sfuggirà infatti l’analogia fra il lembo di terra mobile nel lago Cotilia e l’isola di Delo, patria di Febo. Anche un altro dio della tradizione più antica italica ha affinità stringenti con Apollo: Fauno. Questi è infatti un dio oracolare, ha tratti lupeschi come Apollo, e come questo è anche guaritore e legato ad agoni di giovani (lupercalia), ma è detto
“lupo di Marte”, il che conferma che il corrispettivo italico di Apollo era Marte e che, come è stato giustamente notato, il Marte romano abbia poco o nulla a che vedere con l’Ares greco(4).
Il luogo ove il lago si sarebbe trovato, sarebbe quindi vicino a Rieti e geograficamente corrisponderebbe al centro esatto della penisola: umbelicus Italiae.
Centro d’irradiazione è anche Cortona (Corythum), dalla quale secondo la tradizione sarebbe partito Dardano per andare a fondare Ilio, come ricordano gli dei Penati ad Enea quando gli
ingiungono si cercare l’Italia(5) . Italiam quaero patriam (cerco la patria Italia) dirà lo stesso Duce dei Troiani, frase che potremmo ripetere anche oggi, iniziando a porre fine a questa ricerca, proprio ridando valore a questi luoghi ancestrali: cosa di meglio per una “Nuova Oggettività”?, ove per “Nuova” s’intenda “Rinnovata”, “Rigenerata”. Questi luoghi dimostrano anche una mitica, dunque sempre vera, unità dei popoli italici. Non sfuggirà quindi anche l’uso più banale, pratico, che se ne potrebbe fare, di contro all’artefatto simbolismo dei celti nostrani. “Nuova Oggettività” non può che rifarsi ad un principio, che in quanto tale sia inizio, quindi sacro a Giano: la più antica divinità indigena dell’Italia(6) , Dio degli inizi nel tempo e nello spazio. Un principio è anche, in quanto tale, una sommità, dunque sacro a Giove, e anche la sommità non è solo spaziale, “vetta”, ma anche temporale, kairós=eternità.
“Il principio è la distruzione del mito umano
Il principio è la riconquista della coscienza cosmica
Il principio è il ritorno dell’uomo all’ordine delle cose che sono, là dove vivono le grandi forze e le grandi luci, là dove reintegrato (…) potrà dire: «mai tempo fu, in cui non fui e mai tempo sarà, in cui cesserò di essere. Io sono l’ieri, l’oggi e il domani e il signore della rinascita. Conosco gli abissi, è il mio nome»” (7)


(1)Sull’argomento si veda: R. Del Ponte, ‘Teofanie animali e “primavere sacre” italiche’, in Arthos, XXII-XXIV 1981; Idem, La religione dei Romani, Milano 1992, p, 25, con relativa bibliografia anche delle fonti antiche.
(2)A. Vannucci, Storia dell’Italia antica I, Milano 1873, p. 78.
(3)Macr., Sat. I 7, 28; Dion, I 19, 3.
(4)G. Casalino, Il nome segreto di Roma, Roma 2003, pp. 47-57.
(5)Verg. Aen, 147-171.
(6)G. Dumézil, La religione romana arcaica, Milano 2001, p. 293.
(7)J. Evola, La torre, Milano 1977, pp. 61-62.