Pierluigi Casalino
Il rapporto tra teatro e pubblico a Roma non fu mai antropologico, ma sempre qualcosa d'altro, soprattutto ludus. Non che gli spettatori romani fossero immuni dalla commozione, al contrario. Narra Cicerone che durante la rappresentazione dell'Iliona di Pacuvio, quando sulla scena appariva il fantasma del figlio che cercava di destare la madre addormentata e l'attore recitava con tono lento e lamentevole l'invocazione alla genitrice, si diffondeva in tutto il teatro una grande mestizia sicché era difficile non giudicare infelici quelli che non avevano sepoltura. Anche a Roma, dunque, i neuroni specchio provocavano empatia. Era proprio perché questo stato d'animo non perdurasse anche dopo la rappresentazione e gli spettatori tornassero alle loro case rasserenati che l'organizzatore dei ludi, seguendo la logica e la funzione della dramma satiresco nel teatro drammatico ateniese, faceva seguire alla tragedia un exodium atellanico o uno mimico, e in loro mancanza l'esibizione di un exodiarius. Tutto ciò aveva a che fare, però, con la chimica delle emozioni piuttosto che con il rivivere del proprio vissuto collettivo in una prospettiva religiosa, comne a suo tempo accadeva ad Atene. Nel teatro romano, aldilà della cornice, fin dall'inizio tutto fu laicio. La cornice religiosa e patriottica in cui fu incasellato, era funzionale agli obiettivi politici di controllo delle masse, perché l'establishment comprese immediatamente la forza della teatrocrazia e ne tenne subito strette le redini sino alla fine dell'Impero.. stanziò i fondi necessari per la manifestazione e incaricò un magistrato (l'edile o il pretore) dell'organizzazione, curando che tutto si svolgesse con piena soddisfazione popolare, ma anche senza disordini o contestazioni. La delega conteneva per il politico ad un tempo un'opportunità e una minaccia in quanto da un lato gli offriva la possibilità unica di farsi propaganda presso gli elettori a spese dello stato, almeno in età repubblicana, dall'altro però anche di perdere opera et impensa se qualcosa andava storto. Il rapporto tra il gradimento dei ludi e il successo elettorale risulta essere stato una costante e tutti gli uomini in carriera ne approfitteranno, anche a costo di integrare le spese con denaro proprio o, nonostante i divieti della legge, facendo debiti ingenti, come accadde a Cesare, o addirittura ricorrendo a trucchi come quello dell'instauratio per il numero delle giornate dei ludi. D'altra parte che i voti si comprassero, divertendo gli elettori, era cosa assai nota. Non è un caso, in proposito, che, con sufficiente distacco, Petronio metta a nudo alcuni processi degenerativi della democrazia. Quello che contava, infatti, per la plebecula repubblicana o imperiale, era il divertimento e la generosità del donatore, mentre tutto il resto, dall'onestà all'intelligenza, alla cultura e altro ancora, non interessava. I dubbi sul meccanismo del consenso in democrazia e il pessimismo sulla gestione del potere sono sottintesi anche volgato e condiviso secondo il quale per chi governa è meglio che il popolo non pensi e non si occupi della cosa pubblica. Circostanza attualissima e che è una delle cause della contemporanea ignoranza di massa.Sul rapporto tra teatro e politica a roma si avrà in seguito occasione di ritornare.