La scomparsa di Claudio Quarantotto.
Un intellettuale nel solco di Giuseppe Prezzolini --
Di Pierfranco Bruni
Era nato 78 anni fa. Intellettuale dalle radici dalmate, giulio - dalmate, e dalla corazza profondamente radicata in una cultura identitaria nazionale, in cui il concetto di Patria è stato sempre al centro dei sui intrecci tra letteratura storia e politica con un particolare interesse rivolto al cinema, alla musica e ai linguaggi di una lingua tra tradizione e innovazione.
Claudio Quarantotto è scomparso, lasciando un vuoto in quell'estetica dell'eleganza del confronto e dell'anticonformismo di cui oggi si sono perse le tracce. Un giornalista che sapeva dare il giusto peso e la giusta misura alla parola. Un intellettuale a tutto tondo che poneva al centro la dialettica a la critica alla leggerezza.
Potrei, oggi, definire la sua presenza, nella temperie culturale, come una presenza della "ragione" pessima e del pessimismo che combatteva il deflagrante movimento relativista.
Un intellettuale di destra. Di quella destra che aveva come riferimento un maestro qual è stato Giuseppe Prezzolini. Infatti è Claudio Quarantotto che cura l'intervista a Prezzolini, in cui la destra resta il punto nevralgico di un dialogare tra cultura Patria e identità nazionale. Prezzolini nell'articolato mosaico dei processi culturali che hanno visto il contrapporsi di due modelli di vita: la traduzione e il "relativo" della cultura progressista.
Nello studio dei linguaggi musicali, Quarantotto leggeva il rapporto tra le stesse tecniche musicali, nel paesaggio tra generazioni e modelli culturali, e il dialogo tra modernità (o modernismo) e contemporaneo. Così nei suoi scritti sul cinema. Il cinema come letteratura delle immagini e del "dizionario" della parola che sono le strutture che danno il senso alla impalcatura della comunicazione.
Il cinema come corpo, cime desiderio e come gesto. Ma in questo suo ricercare lo studioso dei linguaggi trovava nella cultura della tradizione la profonda testimonianza spirituale e testamentaria di una cultura mai reazionaria e sempre conservatrice.
Attento alla "rivoluzione" della storia, fu un protagonista, nei primi anni settanta, e già qualche anni prima, nelle scelte di un percorso tra esistenza e cultura nella visione di un valore, in cui la tradizione resta un passaggio fondamentale tra metafisica dell'anima e sentiero della sacralità.
Negli anni settanta, come ho affermato in altre occasioni, fu tra i protagonisti che fondarono il Sindacato Libero Scrittori Italiani. Un sindacato che nasceva dalla rottura politica e culturale del Sindacato Nazionale Scrittori, il quale aveva fatto una precisa scelta di campo sul piano ideologico schierandosi con la sinistra e con il mondo comunista.
Quarantotto, tradizionalista e anticomunista, aderì ad una scuola di pensiero i cui protagonisti, tra gli altri, furono, oltre allo stesso Prezzolini, Diego Fabbri, Antonio Barolini, Ettore Paratore, Fausto Gianfranceschi, Francesco Grisi, che rivestì la carica di segretario generale, sino all'attuale presidente nazionale, riferimento del tradizionalismo cattolico, Francesco Mercadante, con il quale ha avuto un importante legame culturale. Così come ha avuto ottimi rapporti con il nostro viaggio di intellettuali distanti dalla leggerezza culturale e fortemente oppositori dei relativismi.
Letteratura come chiave di lettura dei valori della storia delle civiltà. Una sottolineatura attraverso la quale lo spazio dei fenomeni musicali e il tempo del cinema costruiscono, in Quarantotto, un attraversamento nei linguaggi e nel vocabolario stesso delle idee.
Le idee e la dialettica. Un modo di essere nel contemporaneo senza mai cedere ai conformismi e agli schieramenti. Senza una motivazione ideale la politica non ha senso. La cultura non ha una ragione. Ha sempre un senso.
Dentro il contemporaneo ha portato, senza mai arrendersi, la tradizione come valore significato e orizzonte metafisico. Un intellettuale profeta.
Un intellettuale nel solco di Giuseppe Prezzolini --
Di Pierfranco Bruni
Era nato 78 anni fa. Intellettuale dalle radici dalmate, giulio - dalmate, e dalla corazza profondamente radicata in una cultura identitaria nazionale, in cui il concetto di Patria è stato sempre al centro dei sui intrecci tra letteratura storia e politica con un particolare interesse rivolto al cinema, alla musica e ai linguaggi di una lingua tra tradizione e innovazione.
Claudio Quarantotto è scomparso, lasciando un vuoto in quell'estetica dell'eleganza del confronto e dell'anticonformismo di cui oggi si sono perse le tracce. Un giornalista che sapeva dare il giusto peso e la giusta misura alla parola. Un intellettuale a tutto tondo che poneva al centro la dialettica a la critica alla leggerezza.
Potrei, oggi, definire la sua presenza, nella temperie culturale, come una presenza della "ragione" pessima e del pessimismo che combatteva il deflagrante movimento relativista.
Un intellettuale di destra. Di quella destra che aveva come riferimento un maestro qual è stato Giuseppe Prezzolini. Infatti è Claudio Quarantotto che cura l'intervista a Prezzolini, in cui la destra resta il punto nevralgico di un dialogare tra cultura Patria e identità nazionale. Prezzolini nell'articolato mosaico dei processi culturali che hanno visto il contrapporsi di due modelli di vita: la traduzione e il "relativo" della cultura progressista.
Nello studio dei linguaggi musicali, Quarantotto leggeva il rapporto tra le stesse tecniche musicali, nel paesaggio tra generazioni e modelli culturali, e il dialogo tra modernità (o modernismo) e contemporaneo. Così nei suoi scritti sul cinema. Il cinema come letteratura delle immagini e del "dizionario" della parola che sono le strutture che danno il senso alla impalcatura della comunicazione.
Il cinema come corpo, cime desiderio e come gesto. Ma in questo suo ricercare lo studioso dei linguaggi trovava nella cultura della tradizione la profonda testimonianza spirituale e testamentaria di una cultura mai reazionaria e sempre conservatrice.
Attento alla "rivoluzione" della storia, fu un protagonista, nei primi anni settanta, e già qualche anni prima, nelle scelte di un percorso tra esistenza e cultura nella visione di un valore, in cui la tradizione resta un passaggio fondamentale tra metafisica dell'anima e sentiero della sacralità.
Negli anni settanta, come ho affermato in altre occasioni, fu tra i protagonisti che fondarono il Sindacato Libero Scrittori Italiani. Un sindacato che nasceva dalla rottura politica e culturale del Sindacato Nazionale Scrittori, il quale aveva fatto una precisa scelta di campo sul piano ideologico schierandosi con la sinistra e con il mondo comunista.
Quarantotto, tradizionalista e anticomunista, aderì ad una scuola di pensiero i cui protagonisti, tra gli altri, furono, oltre allo stesso Prezzolini, Diego Fabbri, Antonio Barolini, Ettore Paratore, Fausto Gianfranceschi, Francesco Grisi, che rivestì la carica di segretario generale, sino all'attuale presidente nazionale, riferimento del tradizionalismo cattolico, Francesco Mercadante, con il quale ha avuto un importante legame culturale. Così come ha avuto ottimi rapporti con il nostro viaggio di intellettuali distanti dalla leggerezza culturale e fortemente oppositori dei relativismi.
Letteratura come chiave di lettura dei valori della storia delle civiltà. Una sottolineatura attraverso la quale lo spazio dei fenomeni musicali e il tempo del cinema costruiscono, in Quarantotto, un attraversamento nei linguaggi e nel vocabolario stesso delle idee.
Le idee e la dialettica. Un modo di essere nel contemporaneo senza mai cedere ai conformismi e agli schieramenti. Senza una motivazione ideale la politica non ha senso. La cultura non ha una ragione. Ha sempre un senso.
Dentro il contemporaneo ha portato, senza mai arrendersi, la tradizione come valore significato e orizzonte metafisico. Un intellettuale profeta.