Roma - La rivolta dei funzionari e dei dirigenti pubblici contro il giro di vite sui loro stipendi è pronta a scattare. L'operazione orchestrata da Matteo Renzi è ancora parzialmente avvolta nelle nebbie.
Ma allo studio di Palazzo Chigi ci sarebbe un prelievo del 6% sui redditi superiori ai 90mila euro (70mila secondo un'altra ipotesi) che salirebbe al 18 per le retribuzioni superiori ai 180mila. Una sforbiciata che, unita al blocco dei rinnovi dei contratti nazionali e al nuovo tetto massimo fissato a 245mila euro, appare destinata a trasformare il confronto con segreterie, gabinetti, dipartimenti, insomma con le strutture di potere dei vari ministeri (e non solo), in una guerra in campo aperto, tra ricorsi legali e resistenze di ogni tipo. La prima speranza, per niente segreta, coltivata dagli alti burocrati italiani è che il provvedimento - che potrebbe andare a colpire circa 120mila funzionari - finisca nel mirino della Consulta e siano i magistrati della Corte a fermare la tagliola. Sotto traccia, però, la pressione inizia a salire anche su altri fronti. L'ultimo affondo è firmato da Stefano Biasoli, segretario generale di Confedir - la Confederazione Autonoma dei Dirigenti, Quadri e Diretti della Pubblica Amministrazione - la principale organizzazione dei dirigenti pubblici italiani. In un intervento su Formiche.net, nell'ambito di un dibattito a più voci ospitato dal sito diretto da Michele Arnese, Biasoli mette nero su bianco la sua strategia. E spedisce un messaggio chiaro a Renzi: se tu ci colpisci nel portafoglio, noi ti sottrarremo un altro portafoglio, quello dei nostri voti.
I toni sono durissimi: «Renzi è un berluschino, un abile venditore di pentole e di aspirapolveri, il mago Silvan della politica. Il putto fiorentino non accetta contraddittorio, su niente e con nessuno. Il suo noi significa solo io, io, io. .... C IL GIORNALE
Ma allo studio di Palazzo Chigi ci sarebbe un prelievo del 6% sui redditi superiori ai 90mila euro (70mila secondo un'altra ipotesi) che salirebbe al 18 per le retribuzioni superiori ai 180mila. Una sforbiciata che, unita al blocco dei rinnovi dei contratti nazionali e al nuovo tetto massimo fissato a 245mila euro, appare destinata a trasformare il confronto con segreterie, gabinetti, dipartimenti, insomma con le strutture di potere dei vari ministeri (e non solo), in una guerra in campo aperto, tra ricorsi legali e resistenze di ogni tipo. La prima speranza, per niente segreta, coltivata dagli alti burocrati italiani è che il provvedimento - che potrebbe andare a colpire circa 120mila funzionari - finisca nel mirino della Consulta e siano i magistrati della Corte a fermare la tagliola. Sotto traccia, però, la pressione inizia a salire anche su altri fronti. L'ultimo affondo è firmato da Stefano Biasoli, segretario generale di Confedir - la Confederazione Autonoma dei Dirigenti, Quadri e Diretti della Pubblica Amministrazione - la principale organizzazione dei dirigenti pubblici italiani. In un intervento su Formiche.net, nell'ambito di un dibattito a più voci ospitato dal sito diretto da Michele Arnese, Biasoli mette nero su bianco la sua strategia. E spedisce un messaggio chiaro a Renzi: se tu ci colpisci nel portafoglio, noi ti sottrarremo un altro portafoglio, quello dei nostri voti.
I toni sono durissimi: «Renzi è un berluschino, un abile venditore di pentole e di aspirapolveri, il mago Silvan della politica. Il putto fiorentino non accetta contraddittorio, su niente e con nessuno. Il suo noi significa solo io, io, io. .... C IL GIORNALE