da CINQUEW......Grisi è stato sempre un giocoliere nel circo dei clown che conoscono il riso e la beffa, la cialtroneria e il senso tragico, la vita fino a sfidare le ira degli dei e la preveggenza di Tiresia. L'ho rivisto soltanto qualche giorno dopo ai funerali di Giuseppe Berto. Conoscevo Berto, allora, soltanto perché era l'autore di "Anonimo veneziano". Un film e in testo che hanno segnato non sola la mia vita di scrittore, ma anche il mio tracciare l'esistenza. Poi ho conosciuto tutti gli scritti Berto. E Berto era molto amico di Grisi.
Allora, altre lune ancora hanno solcato le orme e i passi sono diventati pesanti e scavati nel furore degli anni. 1978. Anno in cui ho conosciuto Grisi e Bevilacqua. Anno in cui sono morti Berto e Silone. È l'anno in cui mi sono laureato.
Avevo già pubblicato tre libri. Ma da quel tempo in poi il mosaico della mia vita vive i suoi labirinti tra le età che non smettono la conta. I romanzi le poesie la critica dello sguardo di Grisi sarà il mio riferimento.
Cosa ricordare ancora dopo i miei tanti libri che gli ho dedicato? Ho scritto con devozione. Con cuore amico, come intitolammo un mio libro del 1990 che ebbe numerose edizioni. Ho scritto su Grisi con la consapevolezza di sostenerlo e di proporlo sempre come uno scrittore faro.
Siamo stati sempre del parere, io e lui, che non esistono scrittori maggiori o minori come non esiste la letteratura maggiore o minore. Esiste lo scrittore. Esiste la letteratura. La miseria di chi non sa leggete o di chi legge con gli occhi rivolti alle sovrastrutture ideologiche può inventarsi classificazioni. Il vero critico è sempre uno scrittore, ma spesso la sua anima ha la leggerezza del vuoto. Comunque, Francesco Grisi a 15 anni dalla morte resta uno scrittore faro. Soprattutto oggi che la cronaca la si impone come uno spazio letterario. Il resto non è vicino alla noia, è noia. Mi trovo con le assenze di Grisi, di Bevilacqua e di Berto. Sono loro che mi raccontano destini. Francesco Grisi mi decifrava spesso l’inquieto Berto.
Come ricordarlo,allora? Con dei versi inediti che spesso mi fanno compagnia tra i suoi inediti.
Così.
*
IL CANTO DI PITAGORA
Ho vissuto l'infinito tra strade
battute dal mare,
ma non ho mai abbandonato
lo scoglio di Pitagora.
Lì dove le onde
abitano le rocce
e le sirene
cantano
l'ultimo suono di Ulisse.
Sono sceso
sino alle radici
per raccogliere
le memorie dei secoli
e custodirle
nei giorni
della Terra Promessa.
Le donne dai riccioli neri
danzano
tra i numeri di Pitagora
e il canto
ha le malinconie delle partenze
nei viaggi dell'infinito.
Cercare un ritorno
è come aspettate mio padre
sul cancello del giardino
mentre coltiva orchidee nel vento
e rose tra i rossi papaveri.
L'ultimo canto di Pitagora
è soltanto un soffio di mare.
1998, Cutro
di Pierfranco Bruni