Pierfranco Bruni: Giuseppe Berto e la necessità di raccontare






Un saggio,  due Video della Rai e una lettera inedita per il


“Giuseppe Berto e la necessità di raccontare” di Pierfranco Bruni


in un legame letterario tra D’Annunzio e Berto


D’Annunzio e Berto. Una chiave di lettura nel libro di Pierfranco Bruni dedicato a Giuseppe Berto. Una lettera inedita di Giuseppe Berto a Francesco Grisi risalente al 1967, due Spazi culturali andati onda sulla Rai il 2010 e il 2011, curati da Pierfranco Bruni, e un saggio dal titolo: “Giuseppe Berto e la necessità di raccontare” sempre di Pierfranco Bruni sono appuntamenti per celebrare il centenario della nascita di Giuseppe Berto. Nato nel 1914 e morto nel 1970.


Si tratta, sottolinea Pierfranco Bruni,  di un centenario per raccontare la letteratura italiana del secondo Novecento. Giuseppe Berto resta uno scrittore che ha attraversato precisi generi letterari. Dalla ‘forma’ neorealista, che tale non è alla luce di una rilettura estetica, ad uno scavo che è chiaramente psicologico. Ma in tutto questo attraversamento ci sono tre aspetti rilevanti: il linguaggio, la struttura dei testi, il suo confrontarsi con una visione metafisica della vita. Nonostante la storia sia presente viene completamente attraversata e superata perché alla fine restano i personaggi a raccontare il tutto. Da ‘Anonimo veneziano’ a ‘La Gloria’. Uno scrittore importante in un Novecento che si appresta a rileggere la sua temperie e la sua letteratura”.


Su questo autore Pierfranco Bruni, vice presidente nazionale del Sindacato Libero Scrittori e Presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, in una recente conferenza stampa, ha illustrato le problematiche del saggio e il contenuto dei  due Video oltre a mostrare la lettera inedita di Berto a Grisi.


“Un romanzo chiave degli anni Settanta resta proprio ‘Anonimo veneziano’, che con “Disamore” di Bigiaretti ed “Eutanasia di un amore” di Giorgio Saviane costituisce, cesella Pierfranco Bruni, un modello di esistenzialismo disarmante davanti all’amore tra l’inquietudine, l’ambiguità e il tragico. Nel romanzo di Berto è il tragico che trionfa. Un tragico che rimanda a D’Annunzio. Con Berto entriamo nel profilo letterario dannunziano. Credo che il legame tra D’Annunzio e Berto resti fondamentale soprattutto nel breve romanzo  “Veneziano”


Il saggio  di Pierfranco Bruni apre un dibattito sul ruolo dello scrittore e l’importanza della metafora tra linguaggio e forme narranti.


“Riproporre Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita, sottolinea Pierfranco Bruni, autore dello studio,  significa anche contestualizzare un profilo del Novecento letterario e culturale tout court attraverso libri che hanno segnato generazioni. È  necessario rileggere romanzi che hanno fatto discutere in anni di transizione come: “Anonimo veneziano” e “La gloria”.  Due libri che ancora oggi propongono una chiave di lettura anticonformista e autenticamente dentro un Novecento da rileggere”.


“In Giuseppe Berto, dichiara ancora Bruni, si vive un intreccio non solo letterario, ma anche esistenziale e psicologico tutto giocato tra amore e morte. Ovvero tra la capacità dell’amore di farsi definizione ancestrale di un modello di vita, che ha in sé il senso del destino, e la realtà della morte che diventa, nei suoi scritti, sempre più consapevolezza di un andare nel di dentro della vita stessa senza la paura della perdita.


Nel 1947 esce Il cielo rosso. Una storia il cui segno politico è preciso. Ma ci sono altri libri che sottolineano il rapporto sempre più profondo, appunto, tra la morte come consapevolezza di definito e la vita come attesa del definire.


“Il male oscuro” del 1964 segna, comunque, il suo punto di riferimento non solo letterario, ma anche esistenziale. È “Il male oscuro” che rende Berto scrittore “nuovo” in un contesto in cui il legame letteratura e psicanalisi costituiva un dialogo sempre aperto e discutibile. Ci sono i libri di memoria come quello già citato del 1947 e poi “Guerra in camicia nera” del 1955. Altri come “Il brigante” del 1951. Al 1978 appartiene  “La gloria” in cui c’è un rapporto costante tra Gesù e Giuda.


Del 1966 è “La cosa buffa”. Un romanzo d’amore che, comunque, non raggiunge quella tensione lirica alla quale lo stesso Berto tendeva. È con “Anonimo veneziano”, negli anni Settanta, che l’incontro tra amore e morte trova la sua più inquieta profondità.