Il mito di Pigmalione suscita ancora oggi un fascino notevole per le implicazioni estetiche e psicologiche che contiene. Numerosi sono i personaggi con questo nome nella mitologia classica. Le vicende di alcuni di loro furono segnate da eventi drammatici. Il più noto tra loro fu, tuttavia, Pigmalione, leggendario re dell’isola di Cipro. Innamoratosi di una statua di bronzo della dea Afrodìte (la Venere dei latini), la colmava di affetto e di tenerezza come se fosse una donna reale, in carne e ossa. Ma un’altra versione del mito fa di Pigmalione uno scultore che, creata con le sue stesse mani una meravigliosa statua di Afrodìte, se ne invaghì al punto da pregare la divinità di dargli una moglie somigliante alla statua. Afrodìte lo esaudì oltre ogni più ardita aspettativa o speranza, traendo dal bronzo una straordinaria creatura. Fu così che Pigmalione ebbe in dono la sua sposa, che gli generò una figlia di nome Pafo (come narra Ovidio nelle Metamorfosi, X, 243 e segg.). Il significato del racconto trascende i limiti del mito e si presta a interpretazioni simboliche e allegoriche. Chi ammaestra e indirizza qualcuno, specialmente una donna, affinandone e sviluppandone le facoltà intellettuali e il comportamento è, infatti, secondo l’uso corrente, un Pigmalione. Nella circostanza, peraltro, il riferimento al leggendario re di Cipro e, ancor più all’artista innamorato della sua opera, evoca una condizione dello spirito tra l’etica e l’estetica, uno stato di particolare grazia che sfiora il narcisismo. Un amore di se che si specchia nell’opera d’arte, in cui ci si riconosce. L’arte, al pari della storia, costituisce il momento più elevato della conoscenza. L’uomo non può che conoscere, infatti, solo ciò che fa.
Casalino Pierluigi.